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Morfologia & terminologia

In questo articolo parliamo di :

ALTERAZIONE DELL'HABITATALTERAZIONE DELLA PORTATA IDRICAAPPARATO DIGERENTECLASSIFICAZIONE DEI SALMONIDI ITALIANICOLORE E CROMATOFORI - ETA' DEI PESCI - I BARBIGLII PROBLEMI DEI PESCII SENSI: FINESTRE SUL MONDOIBERNAZIONEIBRIDAZIONEIL CANNIBALISMOIL DIMORFISMO SESSUALEIL MUCO PROTETTIVOIL RUOLO DEI PESCATORIIL SISTEMA RESPIRATORIOIMMISSIONE DI PESCI NON AUTOCTONIINQUINAMENTO ORGANICO E CHIMICOITTIOFAUNA DEL TRENTINOL'ETEROTERMIALA CARTA ITTICALA COMPETIZIONE ALIMENTARELA DENTATURA DEI PREDATORILA FORMA DEL CORPO DEI PESCILA LINEA LATERALELA MORFOLOGIA DELLA BOCCALA MORFOLOGIA DELLA CODALA MUSCOLATURALA PESCALA RESPIRAZIONELA RIPRODUZIONELA RIPRODUZIONE ARTIFICIALELA VESCICA GASSOSALA VISTA NEI PESCILA VITA DEI PESCILE SCAGLIELE STRATEGIE DI GRUPPOL'ETA' DEI PESCILO PSEUDO NANISMOLO SCHELETROMORFOLOGIA DELLA BOCCAORGANIZZAZIONEPESCI AUTOCTONI E PESCI ALLOCTONI 


 

ALTERAZIONE DELL'HABITAT

L'esasperata tendenza a modificare le rive dei fiumi e dei laghi ha ridotto molti di essi a uno stato di degrado acutissimo. I fini di sicurezza idraulica, di espansione delle attività produttive e ricreative, hanno sempre prevalso sulla conservazione dell'habitat. Non di rado sfugge il significato degli interventi: "perle" in questo senso sono alcuni laghetti interamente circondati da fasce di ghiaia o qualche vecchia roggia di fondovalle, che oggi scorre in una tetra tomba di cemento. La rettificazione, la canalizzazione e l'alterazione delle rive privano le nostre rive di microhabitat importantissimi, spezzando l'indispensabile legame ecologico con l'ambiente terrestre. Basti pensare alla distruzione dei canneti, che sono invece i preziosi filtri naturali dei laghi. Tutti questi interventi impoveriscono le comunità acquatiche, pesci compresi, ma si ritorcono anche contro l'uomo, perché a causa loro l'inquinamento aumenta.
Le briglie e le dighe sono ostacoli spesso insormontabili per i pesci e compartimentano per sempre il corso d'acqua. Molti pesci che per deporre risalivano il fiume e i torrenti ora non lo possono più fare.
È evidente che la sicurezza del territorio necessita anche di interventi sui torrenti e sui fiumi, ma ciò va fatto rispettando il più possibile questi delicati ecosistemi. Nel futuro dovranno affermarsi sempre più, nel limite delle possibilità tecniche, gli interventi di ingegneria naturalistica, molto utilizzati all'estero. Invece, per gli errori commessi in passato, si può anche tornare indietro. Le tecniche di rinaturalizzazione consentono di liberare fiumi e laghi dal giogo delle rive artificiali, restituendo loro l'aspetto e le funzioni originarie. Per ridurre gli effetti negativi di briglie e dighe è possibile realizzare i passaggi per i pesci, chiamati anche scale di rimonta, che favoriscono le migrazioni.

 

ALTERAZIONE DELLA PORTATA IDRICA 

La portata di moltissimi corsi d'acqua viene artificialmente diminuita dai prelievi a scopo idroelettrico e per utilizzo agricolo. Ogni tanto, per incidenti o motivi tecnici, l'alveo resta asciutto decretando la morte di tutta l'ittiofauna, che riuscirà a riformarsi solo dopo anni. Ma anche in situazioni normali la riduzione della portata rappresenta un grosso problema perché restringe lo spazio vitale disponibile per gli organismi acquatici, pesci compresi. Inoltre, e questo è ancora peggio, la poca acqua non riesce a diluire le sostanze inquinanti che si concentrano con gli effetti sopra descritti.
Infine, l'acqua si riscalda di più impoverendosi di ossigeno. Le repentine variazioni di livello dei corsi d'acqua e dei laghi impediscono di fatto agli organismi di popolare la zona soggetta ad escursione; le uova qui deposte sono condannate a morte certa.
Se è vero che le attività produttive sono importanti, è altrettanto vero che queste non devono condurre al progressivo degrado dell'ambiente. Come sempre, se c'è la volontà è possibile trovare buoni compromessi. Ne è un esempio l'applicazione nelle nostre acque, a partire dal 2000, dei cosiddetti "rilasci di rispetto ambientale"; si tratta di un minimo che dovrebbe garantire la sopravvivenza dell'ecosistema. Razioni di sopravvivenza, quindi, non certo pasti abbondanti.

 

APPARATO DIGERENTE

L'apparato digerente nei pesci di acqua dolce è molto diversificato in funzione del regime alimentare. In generale all'esofago segue il grosso stomaco dilatabile capace di produrre acidi molto forti (carnivori) oppure un semplice condotto tubiforme molto lungo adatto alla prima digestione dei cibi vegetali (erbivori). L'intestino è molto lungo nei pesci erbivori a causa dei complessi processi di scissione e assorbimento delle sostanze vegetali che avvengono attraverso la sua mucosa, mentre è più breve nei carnivori a causa della dieta essenzialmente proteica. A questo tratto del tubo digerente sono annessi il fegato e il pancreas che producono, insieme alle ghiandole della mucosa gastrica e intestinale, sostanze (enzimi) capaci di scindere le molecole complesse. L'intestino termina nel retto che sbocca all'esterno tramite l'apertura anale.

 

CLASSIFICAZIONE DEI SALMONIDI ITALIANI

La famiglia dei Salmonidi, appartenente all'ordine dei Salmoniformi, è rappresentata nelle acque italiane dai due generi autoctoni SALMO (le Trote) e SALVELINUS (il Salmerino).
Date le difficoltà tassonomiche e la situazione dei Salmonidi italiani confusa da continue immissioni, è stato recentemente proposto un nuovo quadro sistematico così composto:
Superspecie Salmo [trutta] Semispecie S. [t.] trutta (T. fario - solo parzialmente autoctona)
Semispecie S. [t.] marmoratus ( T. marmorata - endemica)
Semispecie S. [t.] macrostigma (T. sarda - endemica)

Specie Salmo carpio ( Carpione del Garda- endemica)
Specie Salvelinus alpinus ( Salmerino alpino- autoctona)
Specie Salvelinus fontinalis (Salmerino di fontana - alloctona)
Specie Oncorhyncus mykiss (T. iridea - alloctona)

 

COLORE E CROMATOFORI

Nella maggior parte dei pesci il dorso è assai più scuro del ventre, una caratteristica che serve a rendere l'animale meno visibile. Infatti visto dall'alto il dorso si confonde con l'oscurità del fondale, mentre dal basso il ventre si uniforma con il chiarore del cielo. Le macchie, le marmoreggiature e le striature di alcuni pesci li rendono incredibilmente mimetici; inoltre ne "rompono" la sagoma dal punto di vista ottico, confondendo gli animali con lo sfondo. Altre volte i colori non servono a nascondersi, bensì a farsi notare; basti pensare alle vivaci colorazioni rossastre dei maschi in amore di Salmerino alpino, Sanguinerola e Spinarello.
L'aspetto più curioso del colore dei pesci è che esso può cambiare in brevissimo tempo: giorni, ore ma a volte pochi minuti. Questo fenomeno è determinato dai cromatofori, che sono le cellule responsabili della colorazione, situate nello strato profondo della pelle. Ci sono cromatofori contenenti pigmento bruno-nero, altri giallo e altri ancora rosso.
Ogni cromatoforo può disperdere i propri granuli di pigmento in tutta la massa cellulare, evidenziando il rispettivo colore, o concentrarli in un solo punto, nascondendolo; in questo modo l'uno o l'altro colore può predominare.

 

ETA' DEI PESCI

I pesci, essendo animali "a sangue freddo", d'inverno e nei periodi freddi subiscono un rallentamento della crescita corporea non possedendo i sofisticati sistemi di termoregolazione interna propri degli animali "a sangue caldo". In particolare durante il periodo riproduttivo o nelle fasi di ibernazione lo sviluppo di molti tessuti si riduce drasticamente per riprendere a pieno ritmo soltanto al ristabilirsi delle condizioni favorevoli. Dunque analizzando certe componenti anatomiche dei pesci quali le vertebre, gli otoliti o le scaglie, è possibile osservare gli effetti della crescita stagionale differenziale dei tessuti determinando con precisione l'età degli esemplari studiati.

 

I BARBIGLI

Alcuni pesci d'acqua dolce tra cui diversi Ciprinidi, i Cobitidi, la Bottatrice, il Siluro d'Europa e il Pesce gatto sono dotati di particolari organi tattili e gustativi - i barbigli - disposti intorno alla bocca. Si tratta di appendici con cui il pesce può assaggiare la consistenza e il gusto di ciò che si trova immediatamente davanti potendo così individuare, ad esempio, sostanze commestibili o repellenti. Le papille sensitive addensate sui barbigli possono essere stimolate anche da sostanze disciolte in quantità infinitesimali nel mezzo liquido. Il loro significato principale, tuttavia, è quello di riconoscere il cibo durante le fasi di alimentazione.

 

I PROBLEMI DEI PESCI

Occhio non vede, cuore non duole. La rarefazione delle specie delicate e pregiate sfugge ai più; i pesci morti nei laghi e nei fiumi si vedono poco e spariscono in fretta; comunque, un pesce a pancia in su non ha mai fatto piangere quanto un pettirosso ferito. Così nel corso del tempo il patrimonio ittico è andato incontro a perdite e degrado e solo da poco si cerca concretamente di fare marcia indietro. Si è infatti compreso l'insostituibile ruolo ecologico dei pesci e il loro valore di "spie" della qualità delle acque. Da tempi remotissimi i pesci vivono in perfetto equilibrio nelle acque del nostro territorio; i loro problemi derivano quindi unicamente dalle azioni dell'uomo. Sono queste che devono essere cambiate se si vuole tutelare il patrimonio ittico.

 

I SENSI: FINESTRE SUL MONDO

VISTA L'occhio del pesce, rispetto al nostro, ha una struttura molto diversa, con un differente sistema di messa a fuoco delle immagini. I pesci, soprattutto quelli diurni e di acque limpide, vedono anche a parecchi metri di distanza, percepiscono particolarmente bene i movimenti e distinguono facilmente i colori. Varie specie sono in grado di vedere anche in condizioni di luminosità molto scarsa. Grazie alla posizione laterale degli occhi, che peraltro non hanno la palpebra (c'è un'eccezione: l'Agone) e non possono venire chiusi, il campo visivo è vastissimo. I campi visivi dei due occhi si sovrappongono davanti al pesce, che frontalmente gode di una buona visione binoculare idonea a valutare con precisione le distanze degli oggetti.

UDITO I pesci possiedono solo la parte interna dell'orecchio (orecchio interno) e i suoni diffusi nell'acqua giungono a questo non tramite un condotto, bensì sotto forma di vibrazioni che si propagano nella testa e nel corpo. In alcune specie, come la Carpa, il suono viene amplificato dalla vescica gassosa, che, funzionando da cassa acustica, lo trasmette all'orecchio.

OLFATTO e GUSTO I pesci hanno una sensibilità sbalorditiva nel percepire con l'olfatto le sostanze disciolte nell'acqua e sono in grado di avvertire la presenza di particelle odorose in quantità estremamente basse. Questa capacità è importantissima: permette loro di accorgersi della presenza di sostanze nocive, di riconoscersi tra i sessi, di identificare tratti di corso d'acqua, di cercare cibo anche al buio (in qualche specie, come l'Anguilla), ecc.

Gli odori sono percepiti soprattutto tramite le narici, che conducono a piccole cavità olfattive.
Le papille gustative, situate nella bocca e sul bordo esterno, permettono al pesce di riconoscere perfettamente i sapori; altre cellule del gusto si trovano sparse lungo il corpo. Nei pesci di fondo i recettori gustativi si concentrano sui barbigli, organi simili a "baffi", molto sensibili che vengono usati come sonde.

LA LINEA LATERALE Tra gli organi sensoriali dei pesci la linea laterale è di massima importanza per la ricezione degli stimoli pressori e vibratori. Essa è composta da una serie di terminazioni nervose che, collegate attraverso fibre specifiche al cervello, sono disposte in piccoli tubuli distribuiti longitudinalmente lungo la linea mediana del corpo, dall'opercolo alla coda.

Nei pesci dotati di scaglie queste risultano perforate in corrispondenza dello sbocco dei canalicoli. L'arrivo di onde pressorie o di vibrazioni prodotte, per esempio, dal sopraggiungere di un predatore o di una preda, provoca l'insorgere di stimoli nervosi che, percorrendo le fibre nervose fino al cervello, integrano le informazioni sensoriali prodotte dagli altri organi di senso.

IL TATTO Su gran parte della superficie del pesce sono presenti in gran numero le papille sensitive, minuscole formazioni che sono in grado di percepire le variazioni pressorie e hanno quindi una funzione tattile. Altri tipi di recettori tattili sono localizzati sulla testa e in particolare sui barbigli.

 

IBERNAZIONE

L'ibernazione è una reazione fisiologica stagionale all'abbassamento della temperatura delle acque e si manifesta in alcune specie d'acqua dolce. Consiste essenzialmente nella progressiva riduzione del metabolismo complessivo dell'organismo e dell'attività vitale. Carpe e Tinche, per esempio, al sopraggiungere dei primi rigori invernali tendono a muoversi sempre meno, infossandosi successivamente nei fondali fangosi e rimanendo immobili fino al disgelo. I Barbi, nella stagione fredda, vanno incontro ad analoghe riduzioni dell'attività biologica ammassandosi in branchi numerosissimi negli anfratti del fondo dei corsi d'acqua e uscendo solo quando le prime piene fanno aumentare la portata e la temperatura dell'acqua.

 

IBRIDAZIONE

L'Ibridazione è un processo genetico di mescolamento tra le caratteristiche di due diverse entità sistematiche e deriva da pratiche riproduttive di incrocio tra individui appartenenti a differenti specie (i. interspecifica) o sottospecie (i. intraspecifica). Sebbene tale fenomeno sia spesso ostacolato in natura da barriere genetiche che impediscono la fecondazione o lo sviluppo delle uova, esso si verifica con una notevole frequenza in alcuni gruppi di pesci (ad es. i Ciprinidi). Tipiche ibridazioni spontanee avvengono tra la Scardola e il Carassio (interspecifica) e tra la Trota fario e la Trota marmorata (intraspecifica). Gli ibridi nati dagli incroci interspecifici sono quasi sempre infecondi e mostrano un alto tasso di mortalità già nei primissimi momenti di vita.

 

IL CANNIBALISMO

In alcuni pesci predatori d'acqua dolce il cannibalismo, cioè la predazione nei confronti di individui della stessa specie, è stato osservato sia in cattività che in natura. Si verifica in tutte quelle situazioni in cui il numero di individui presenti supera la capacità portante dell'ambiente a causa della limitatezza delle risorse disponibili, siano esse alimentari o spaziali. Tramite il cannibalismo, dunque, si attua una sorta di autocontrollo demografico sull'intera popolazione di predatori il cui numero in definitiva, si adegua alla quantità di risorse presenti nell'ambiente. Questo meccanismo etologico impedisce la pratica dell'allevamento intensivo di alcune specie ittiche, in particolare del Luccio, proprio a causa dell'intensificarsi del fenomeno in condizioni di sovrappopolamento artificiale.

 

IL DIMORFISMO SESSUALE

Il dimorfismo sessuale, cioè la condizione per cui tra maschi e femmine della specie si osservano differenze di forma e di livrea, è ben evidente nella maggioranza dei pesci d'acqua dolce e si manifesta spesso in modo spettacolare nelle fasi riproduttive. Differenze di forma temporanee molto evidenti compaiono in molti Salmonidi prima e durante la frega; in altri pesci come lo Scazzone, la Tinca e il Cobite comune si osservano differenze morfologiche stabili relative soprattutto alla forma e alle dimensioni delle pinne, colorazioni diverse e spesso molto vivaci appaiono nella livrea dei Salmonidi, della Sanguinerola e dello Spinarello prima della riproduzione, i tubercoli nuziali sono visibili sul capo e sul dorso dei maschi in molti Ciprinidi; differenze di grandezza e di peso, infine, sono evidenti in molti pesci tra cui il Luccio. Anche nelle specie apparentemente prive di dimorfismo, tuttavia, i due sessi si distinguono grazie a caratteristiche ormonali e comportamentali.

 

IL MUCO PROTETTIVO

La cute rappresenta per i pesci un mezzo di contatto diretto con l'ambiente idrico che, anche a causa delle proprietà di "solvente universale" dell'acqua, è veicolo di numerosi agenti patogeni di natura chimico-fisica e biologica. Uno degli elementi più importanti che li difende da tali pericoli è la pellicola cutanea che viene prodotta sotto forma di una proteina, la mucina, da cellule specializzate del tessuto dermico e che si trasforma in muco al contatto con l'acqua. Le specie di fondo, essendo più esposte agli agenti patogeni, possiedono generalmente uno strato di muco di spessore maggiore rispetto alle altre. Maneggiando pesci che poi saranno messi in libertà è molto importante bagnarsi preventivamente le mani evitando in tal modo di asportare il muco protettivo.

 

IL RUOLO DEI PESCATORI

Se si pensa che in Trentino ci sono circa 25.000 pescatori è facile capire l'importanza di questa categoria nella gestione delle acque e dell'ittiofauna. Il loro orientamento può essere determinante, nel bene e nel male. Il pescatore corretto rispetta le regole e conosce la tecnica per rilasciare i pesci senza danno, maneggiandoli in acqua e slamandoli con delicatezza (solo quando l'amo non è in profondità, altrimenti preferisce tagliare la bava).
Tutto questo però non basta e ai pescatori è oggi richiesto un impegno sempre maggiore. I pescatori moderni devono avere a cuore prima di tutto lo stato delle acque e dei loro abitanti, impegnandosi in prima persona contro l'inquinamento, le captazioni eccessive, le cementificazioni e ogni altra forma di alterazione dell'habitat. Un salto culturale importante va fatto anche nel capire il significato delle regole indicate dalla Carta ittica e dalle stesse Associazioni nei regolamenti interni.
Infatti, capire e condividere i limiti imposti ai prelievi e ai ripopolamenti è fondamentale per ottenere un vero equilibrio tra ittiofauna e ambiente e per consentire il rinnovamento delle popolazioni, assicurando così un futuro alla pesca, le Associazioni hanno un ruolo chiave: possono orientare i soci con regolamenti interni lungimiranti e incidere sul territorio con efficaci iniziative di tutela, ripopolamento e miglioramento degli ambienti acquatici.

 

IL SISTEMA RESPIRATORIO

L'apparato branchiale dei pesci è analogo, ma non omologo, all'apparato polmonare dei Mammiferi. Ciò significa che svolge la stessa funzione (scambiare i gas respiratori con l'ambiente), ma non deriva dalle stesse pari embrionali. Per il resto l'epitelio respiratorio delle lamelle che compongono le branchie è molto simile a quello polmonare. Il sangue scorre al suo interno attraverso capillari derivati dalle arterie branchiali che a loro volta si diramano dall'aorta ventrale. Nella grande maggioranza dei pesci il flusso d'acqua dal quale viene estratto l'ossigeno e nel quale viene liberata l'anidride carbonica entra dalla bocca per uscire dalle aperture opercolari. Il sangue, invece, scorre nelle arterie branchiali in senso opposto rendendo ottimali gli scambi gassosi.

 

IMMISSIONE DI PESCI NON AUTOCTONI

Fino a non molto tempo fa specie usate per la pesca venivano rilasciate a piacimento nei fiumi e nei laghi. Alcune sono riuscite ad adattarsi e oggi fanno ormai parte della nostra ittiofauna, ma questo non è avvenuto in modo indolore. Il preziosissimo Salmerino alpino, ad esempio, si è estinto da vari laghetti alpini per la concorrenza delle trote introdotte, e la lista di casi simili non è breve. Ogni specie introdotta "sposta" gli equilibri preesistenti, danneggiando qualcuno dei pesci autoctoni. Le immissioni a volte sono involontarie ma non per questo meno dannose. La liberazione di pesci rossi e pesci esca ha prodotto effetti devastanti sulla nostra ittiofauna; si pensi al Siluro, specie esotica che ha ormai infestato l'intero bacino padano e di recente è stata rinvenuta anche in Trentino.
Un aspetto subdolo e pericoloso delle immissioni è l'inquinamento genetico. Infatti, rilasciando pesci di ceppi non locali si corre sempre il rischio di dar vita a fenomeni di ibridazioni con le razze e varietà autoctone.
È un processo difficilmente rimediabile, che ha interessato anche le nostre popolazioni di Temolo. L'immissione è oggi strettamente regolamentata e controllata e il problema dell'inquinamento genetico non è certo sottovalutato come un tempo. Non bisogna però abbassare la guardia perché gli errori e le disattenzioni possono costare cari.

 

INQUINAMENTO ORGANICO E CHIMICO

Qualcuno pensa ancora che laghi e corsi d'acqua possano venire usati come "pattumiere" per sbarazzarsi di sostanze organiche, come quelle delle fognature e i liquami, o di sostanze chimiche di vario tipo provenienti dalle case (ad es. detersivi) o dagli insediamenti produttivi (solventi, oli, metalli, ecc.).
Questo è ovviamente vietato, ma è difficile controllare ovunque. Inoltre le sostanze inquinanti possono seguire vie oscure o, più subdolamente, provenire un po’ dappertutto, come nel caso dei concimi agricoli dilavati dal terreno. Molte sostanze chimiche uccidono rapidamente i pesci o li indeboliscono, esponendoli alle malattie; altre compromettono la sopravvivenza del plancton e del benthos, fatto altrettanto grave. L'inquinamento organico concima l'acqua generando un'abnorme sviluppo delle alghe (eutrofizzazione); con la loro morte e decomposizione l'acqua diventa asfittica e la carenza di ossigeno fa strage dei pesci presenti.
Sui rimedi di questo problema non c'è molto da dire, ma è chiara la necessità di controllare sempre più gli scarichi in acqua e limitare per questo l'uso di fertilizzanti nelle campagne.

 

ITTIOFAUNA DEL TRENTINO

Le acque del Trentino ospitano una quarantina di specie ittiche. La maggior parte sono autoctone, cioè originarie del nostro territorio, ma alcune provengono da altre aree geografiche e sono state introdotte (specie esotiche o alloctone).
Le specie autoctone sono ovviamente le più importanti dal punto di vista ecologico perché la loro presenza è il risultato di un perfetto adattamento all'ambiente. In quest'ambito il maggior valore naturalistico è posseduto senza dubbio dai pesci endemici, cioè quelle specie, sottospecie, semispecie o razze che sono presenti solo in un settore geografico molto ristretto. In Trentino vivono parecchi pesci endemici; la loro esigua diffusione geografica li espone sempre al rischio di estinzione e per questo è necessario riservare loro una particolare attenzione.
Tra le specie alloctone, alcune fanno ormai parte integrante dell'ittiofauna del Trentino e si sono naturalizzate nell'ecosistema. Basti pensare alla Carpa (presumibilmente introdotta in epoca romana) e al Lavarello, inseriti armoniosamente nell'ecosistema, oppure al Carassio dorato, al Persico sole e al Persico trota, la cui immissione è stata causa di sensibili alterazioni. Anche la Pseudorasbora, pur essendo un'acquisizione recente, sembra essere insediata sensibilmente. Altre specie invece non si sono ben adattate, riescono a riprodursi solo in particolari condizioni e sono quindi poco diffuse o localizzate: è il caso della Trota iridea, del Salmerino di fonte e del Pesce gatto. Per alcune specie vi sono poche osservazioni non più confermate, ad esempio il Siluro (Lago di Garda e Adige), il Luccioperca Stizosteidon lucioperca (Lago di Garda) e la Blicca byoerkna (Lago di Ledro). La presenza di alcune specie alloctone è dovuta ad immissioni volontarie per la pesca, altre derivano invece da esemplari usati nei laghetti da pesca come esche vive oppure come prede; la liberazione di soggetti a uso ornamentale è all'origine di popolazioni di Carassio dorato.

 

L'ETEROTERMIA

L'eterotermia è la condizione fisiologica di quegli organismi che non sono in grado di regolare metabolicamente la propria temperatura corporea e subiscono passivamente le variazioni termiche dell'ambiente. Tutti i pesci rientrano tipicamente in questa categoria di animali, detti anche "a sangue freddo"., poiché le uniche variazioni di temperatura che possono produrre nel proprio organismo derivano esclusivamente dal calore muscolare prodotto durante il nuoto. Quando le acque assumono temperature diverse da quelle ottimali per la loro attività biologica, i pesci spesso reagiscono spostandosi in zone dove le condizioni termiche risultano più favorevoli oppure entrano in fase di riduzione temporanea o stagionale dell'attività metabolica (ibernazione ed estivazione).

 

LA CARTA ITTICA

La Legge sulla pesca e il suo regolamento di attuazione forniscono le linee guida per quest'attività, rimarcando la necessità di una gestione naturalistica delle acque. Le prescrizioni operative o gestionali sono invece date dalla Carta ittica, un documento che ha valore di Legge provinciale. La Carta ittica ha un'importanza fondamentale perché si propone di migliorare lo stato delle popolazioni di pesci e di tutelare e incrementare la produzione ittica naturale. La Carta ittica si basa su una quantità enorme di informazioni e di dati scientifici, raccolti su tutto il territorio e riferenti alle caratteristiche delle acque e della loro fauna. La rigorosità del metodo adottato permette di definire in modo oggettivo i criteri di gestione corretti, dalle modalità di ripopolamento agli interventi di miglioramento ambientale.

 

LA COMPETIZIONE ALIMENTARE

Quando gli individui di una stessa specie o di specie diverse si trovano a dover usufruire di una risorsa alimentare limitata si dice che entrano in competizione alimentare. Se la competizione è intraspecifica, cioè interessa individui della stessa specie, essa ha l'effetto di regolare costantemente la consistenza numerica della popolazione o per la morte degli individui in eccesso o per la loro emigrazione. La competizione interspecifica, invece, ha l'effetto di diversificare le diete tra le specie in modo tale da portarle allo sfruttamento di risorse diverse. La constatazione che, secondo un'importante legge naturale, nello stesso ecosistema non possono convivere due specie che occupano la stessa nicchia ecologica, rappresenta l'espressione più generale del fenomeno della competizione alimentare interspecifica.

 

LA DENTATURA DEI PREDATORI

I pesci a dieta esclusivamente o prevalentemente carnivora hanno la bocca fornita di denti conici in misura e disposizione variabili. La loro funzione è quella di afferrare e trattenere le prede riducendo drasticamente le loro possibilità di fuga. Perciò i denti hanno sempre una forma ricurva e sono rivolti verso l'interno del cavo orale. In alcune specie come Persico trota, Pesce gatto e Anguilla sono molto numerosi, di piccole dimensioni e distribuiti sulle mascelle e su altre ossa buccali. Nel Luccio e nelle Trote, invece, sono di dimensioni molto maggiori e si trovano sulle ossa mascellari e palatine, sul vomere e sulla lingua. In tutti i pesci, che perciò vengono riuniti tra gli animali poliodonti, la dentatura si rigenera più volte e ciclicamente tanto che sotto i denti già sviluppati e funzionali si trovano gli abbozzi di quelli che li sostituiranno.

 

LA FORMA DEL CORPO DEI PESCI

Il corpo dei pesci pur essendo prevalentemente fusiforme, può avere forma molto varia, ma sempre correlata con la biologia e il tipo di mobilità del pesce. Di fatto, secondo le leggi dell'idrodinamica, la morfologia più adatta a ridurre l'attrito viscoso dell'acqua è quella a fuso in cui l'altezza assume valori prossimi a 1/5 della lunghezza. La forma corporea molto affusolata come quella del Luccio si concilia con l'agilità e lo scatto, mentre le forme più tozze e massicce (come quelle della Carpa) permettono una notevole resistenza e durata, ma velocità di punta piuttosto modesta. Forme limite come quella serpentiforme dell'Anguilla o quella schiacciata dello Scazzone sono indice di una forte specializzazione verso attitudini migratorie nel primo caso e bentoniche nel secondo.

 

LA LINEA LATERALE

Tra gli organi sensoriali dei pesci la linea laterale è di massima importanza per la ricezione degli stimoli pressori e vibratori. Essa è composta da una serie di terminazioni nervose che, collegate attraverso fibre specifiche al cervello, sono disposte in piccoli tubuli distribuiti longitudinalmente lungo la linea mediana del corpo, dall'opercolo alla coda.
Nei pesci dotati di scaglie queste risultano perforate in corrispondenza dello sbocco dei canalicoli. L'arrivo di onde pressorie o di vibrazioni prodotte, per esempio, dal sopraggiungere di un predatore o di una preda, provoca l'insorgere di stimoli nervosi che, percorrendo le fibre nervose fino al cervello, integrano le informazioni sensoriali prodotte dagli altri organi di senso.

 

LA MORFOLOGIA DELLA BOCCA

Dalla forma della bocca dei pesci si possono dedurre le caratteristiche del loro regime e del loro comportamento alimentare. Schematicamente i pesci che si alimentano in superficie (ad es. l'Alborella) hanno una bocca supera o dorsale, cioè rivolta all'insù, quelli che catturano le prede a mezz'acqua (ad es. il Persico e la Trota) ce l'hanno terminale, mentre quelli che si nutrono grufolando sul fondo (ad es. Barbi e Savette) hanno la bocca infera o ventrale. Inoltre ad un'alimentazione planctofaga corrisponde una cavità orale piccola e priva di denti, a quella erbivora una bocca di medie dimensioni con labbra carnose, a quella carnivora un'ampia apertura buccale armata di denti per trattenere la preda. In molti Ciprinidi di fondo (ad es. la Carpa) le labbra sono protrattili e dotate di papille gustative e tattili.

 

LA MORFOLOGIA DELLA CODA

La pinna caudale nei pesci ha una forma strettamente connessa sia con la collocazione sistematica che con le esigenze di mobilità delle diverse specie. Nei pesci più primitivi, come gli Storioni, sono ancora evidenti le vertebre caudali che costituiscono una sorta di prolungamento della colonna vertebrale nel lobo superiore della pinna determinandone la forma eterocerca. Nei pesci più evoluti, invece, le vertebre caudali sono fuse tra loro e formano l'urostilo che si trova nel peduncolo caudale: la coda ha allora una coda omocerca, con i due lobi uguali. Una terza forma presente in alcuni pesci dulciacquicoli come Blennidi e Cottidi è costituita da un unico lobo (gefirocerca). Le doti di agilità, potenza e velocità nel nuoto dipendono dalla forma e dall'ampiezza della coda oltre che dalla silhouette del corpo.

 

LA MUSCOLATURA

I muscoli del tronco, i più importanti per il nuoto, sono quelli più sviluppati. Hanno una disposizione simmetrica ai lati della colonna vertebrale e su ogni lato formano quattro fasce allungate separate da sottili membrane.

 

LA PESCA

La pesca può essere un'attività alquanto distruttiva se i pescatori pensano sola a riempire il cestello, senza preoccuparsi di che cosa pescano e di ciò che resta. Ma se viene svolta secondo buone regole, il prelievo diventa sostenibile, cioè può aver luogo senza impoverire le popolazioni ittiche.

 

LA RESPIRAZIONE

Noi ci stupiamo della capacità dei pesci di respirare sott'acqua, ma in realtà il loro modo di respirare è più semplice e pratico del nostro; anzi la nostra respirazione è solo una versione "adattata e complicata" della loro. I pesci, grazie alle branchie, assorbono l'ossigeno direttamente dall'acqua, mentre gli animali terrestri lo prelevano dall'aria; per entrare nei polmoni però l'ossigeno deve necessariamente venire sciolto nel velo di liquido che li ricopre, il quale, in pratica, funziona come l'acqua che circonda un pesce.
Di regola i nostri pesci hanno quattro paia di branchie situate ai lati della testa nelle camere branchiali, coperte dagli opercoli. Le branchie sono formate da sottili lamelle ricchissime di vasi sanguigni, sostenute da archi branchiali composti da cartilagine. Per respirare il pesce aspira l'acqua attraverso la bocca, il sollevamento dell'opercolo crea poi un risucchio che la fa uscire "a forza" dalla fessura branchiale. Durante questo percorso l'acqua scorre sulle lamelle branchiali, che ne assorbono parte dell'ossigeno "scaricandovi" l'anidride carbonica prodotta dal lavoro delle cellule. L'ossigeno, attraverso i vasi sanguigni, raggiunge poi tutte le parti del corpo. Per proteggere le lamelle branchiali da corpi estranei aspirati con l'acqua, gli archi branchiali portano una frangia di branchiospine a mo' di setaccio. Queste vengono usate da vari pesci che si cibano di plancton per trattenere le particelle di cibo. Le branchie sono necessariamente più efficienti dei polmoni, dal momento che la quantità di ossigeno presente nell'acqua è di gran lunga inferiore a quella che c'è nell'aria. Le acque fredde e con rapida corrente contengono quantità di ossigeno molto superiori rispetto a quelle di laghi e stagni e queste differenze condizionano fortemente l'uso di ambienti acquatici da parte delle varie specie. Ad esempio i Salmonidi, lo Scazzone e lo Spinarello possono vivere solo in acque ben ossigenate, mentre la Carpa, la Tinca e il Carassio possono sopportare anche basse concentrazioni di ossigeno

 

LA RIPRODUZIONE

I pesci delle acque dolci italiane sono tutti a fecondazione esterna ad esclusione della Gambusia (Gambusia affinis), i cui maschi sono dotati di gonopodio. Ciò significa che in tutte le altre specie nel periodo riproduttivo le femmine sessualmente mature producono uova che, appena immesse nell'ambiente acquatico, vengono fecondate da uno o più maschi. La riproduzione ha una cadenza periodica e sopravviene in una determinata fase stagionale. Generalmente è preceduta da comportamenti rituali finalizzati alla scelta del sito riproduttivo e all'aggregazione dei partners che possono essere molto numerosi (ad es. nei Ciprinidi) o semplicemente due (come nelle Trote). In diverse specie viene preparato un vero e proprio nido tramite la pulizia di un'area idonea (l'area di frega) mentre in altri casi le uova, raggruppate in ammassi gelatinosi o dotate di apparati adesivi, vengono deposte sulla vegetazione o sugli ostacoli sommersi.

 

LA RIPRODUZIONE ARTIFICIALE

Sia per scopi di pescicoltura intensiva che per il ripopolamento delle acque pubbliche si pratica frequentemente la riproduzione artificiale da individui d'allevamento selezionati o da riproduttori naturali. Il metodo più utilizzato in troticoltura è la fecondazione a secco che si svolge nel modo seguente: da una femmina sessualmente matura e pronta per la frega vengono "spremute" entro un catino, tramite una semplice pressione sul ventre, le uova. Quindi da un maschio si spreme lo sperma sopra le uova e si mescola il tutto con l'ausilio di una penna d'oca. Infine le uova fecondate vanno risciacquate in acqua abbondante e adagiate su appositi telaini. È importante, nella fase di sviluppo degli embrioni, praticare frequentemente la monda delle uova degenerate e la disinfezione dell'ambiente contro i possibili agenti patogeni.

 

LA VESCICA GASSOSA

Parecchi milioni di anni prima dell'invenzione del sommergibile, molti pesci disponevano già di un efficacissimo sistema per spostarsi in verticale e senza sforzo in acqua: la vescica gassosa, chiamata anche vescica natatoria. Si tratta di una sacca collocata nella parte alta del ventre, con forma e struttura assai variabili a seconda delle specie. La vescica, che è piena di gas (ossigeno, azoto e anidride carbonica), può venire gonfiata o parzialmente sgonfiata dal pesce a seconda delle necessità.
Quando si gonfia, il peso specifico (rapporto tra peso e volume) dell'animale diminuisce e il pesce viene sospinto verso l'alto dalla spinta idrostatica; quando la vescica si sgonfia avviene invece il contrario. L'aumento o la riduzione del volume della vescica sono determinati rispettivamente dalla secrezione o dal riassorbimento di gas ad opera di speciali agglomerati di vasi capillari. La vescica gassosa oltre alla funzione idrostatica ne ha altre, tra cui quella di percepire e produrre suoni.

 

LA VISTA NEI PESCI

Nei pesci la vista assume un significato molto diversificato in funzione della biologia della specie, tanto che certi Pesce gatto cavernicoli africani sono del tutto privi di organi visivi.
In generale tuttavia la funzione visiva ha grande importanza nell'alimentazione e in tutte le attività che fanno parte della "vita di relazione". L'occhio dei pesci è fatto in modo tale che la messa a fuoco avviene grazie allo spostamento in avanti e in dietro del cristallino, che ha sempre forma sferica. La struttura degli occhi determina un cono visivo prossimo ai 150° che, a causa dei differenti indici di rifrazione dell'acqua, si ampia ulteriormente per gli oggetti situati al di fuori dell'ambiente idrico. Nelle specie di fondo gli occhi, normalmente posti ai lati del capo, hanno spesso una posizione dorsale che favorisce la visuale sull'ambiente soprastante.

 

LA VITA DEI PESCI

DA SOLI O TUTTI ASSIEME Di norma i pesci predatori vivono solitari e non vedono di buon occhio la vicinanza di altri esemplari della stessa specie. Frequentemente ogni esemplare ha un proprio territorio, cioè una porzione di fondale, di riva o di corso d'acqua che costituisce il suo spazio vitale. Il territorio garantisce cibo e riparo sufficienti per sopravvivere e viene difeso con forza dall'ingresso di altri pesci concorrenti. L'istinto territoriale, per forze di cose, si attenua nel periodo della riproduzione, quando i contatti tra gli animali diventa indispensabile. Molte specie vivono invece in gruppi più o meno numerosi: sono soprattutto i pesci che si cibano di plancton e vivono nei laghi, negli stagni e nei grossi fiumi. Vivere in branco offre concreti vantaggi: ad esempio si moltiplicano le possibilità di individuare un predatore e comunque, male che vada, in mezzo al gruppo le probabilità di essere predati diminuiscono. Inoltre il branco, simula un "superpesce" e può così intimorire i predatori.
STANZIALI O MIGRATORI Molti dei nostri pesci trascorrono la loro vita in uno spazio limitato, tuttalpiù spostandosi qua e là alla ricerca di cibo; altri, invece, come i mangiatori di plancton, compiono continui e ampi spostamenti. Quasi tutte le specie nel periodo della riproduzione si spostano alla ricerca di luoghi idonei alla deposizione delle uova. In qualche caso, tipicamente nelle Trote, la ricerca del sito riproduttivo le costringe a risalire per un buon tratto i corsi d'acqua. Un caso particolare e molto noto è quello dell'Anguilla, che depone nel Mar dei Sargassi, in pieno Oceano Atlantico, ma trascorre tutta la sua vita nelle acque dolci delle zone interne.Le specie che per riprodursi risalgono i fiumi sono dette anadrome; quelle che invece per riprodursi scendono al mare sono dette catadrome.
SESSO E RIPRODUZIONE Il momento della riproduzione ha una particolare importanza nella vita dei pesci, perché da esso dipende la possibilità di assicurarsi una discendenza. Non deve quindi stupire che alla riproduzione siano legati fenomeni complessi e comportamenti spesso assai elaborati. La preparazione a questa fase avviene con la progressiva maturazione delle cellule sessuali, uova nella femmina, spermatozoi nel maschio e con il contemporaneo ingrossamento degli organi che le producono e contengono (rispettivamente ovari e testicoli). Nello stesso tempo compaiono nei maschi anche altri caratteri sessuali, come ad esempio colorazioni particolarmente sgargianti e tubercoli nuziali. La maggior parte delle specie si riproducono in primavera o all'inizio dell'estate, le Trote invece nella stagione fredda. L'ambiente di deposizione delle uova viene scelto accuratamente, talvolta dopo lunghi spostamenti. Le sue caratteristiche variano a seconda della specie: alcune depongono tra la vegetazione acquatica, altre sui fondali ghiaiosi e sassosi e così via. La frega, cioè l'atto riproduttivo, può essere collettiva e coinvolgere migliaia di animali, oppure svolgersi in piccoli gruppi, o ancora tra una sola femmina e un solo maschio. Le uova vengono emesse dalla femmina attraverso il poro genitale e solo dopo sono fecondate dal maschio con il suo sperma, detto anche "latte": la fecondazione è quindi esterna. Il loro numero varia da poche centinaia a milioni, secondo le specie e la taglia delle femmine. Grazie a un rivestimento adesivo le uova di alcuni pesci aderiscono alla ghiaia del fondo o alla vegetazione acquatica; altre invece vengono emesse in nastri. Salvo pochi casi, tipico quello del Persico sole, le uova vengono abbandonate al loro destino, spesso in balia dei predatori. La durata dell'incubazione delle uova è inversamente proporzionale alla temperatura dell'acqua e varia da qualche giorno ad alcune settimane; l'incubazione è particolarmente lunga nei Salmonidi. Alla schiusa il piccolo pesce, che in questa fase viene chiamato avannotto porta sul ventre il sacco vitellino, una sacca che contiene ciò che resta del tuorlo di cui si è nutrito l'embrione. Gli avannotti rimangono inattivi per vari giorni, fino al riassorbimento del sacco vitellino; poi iniziano ad alimentarsi attivamente. La crescita è più rapida nei primi anni, ma prosegue per tutta la vita. La maturità sessuale, a seconda delle specie, viene raggiunta in media in 2-4 anni, prima dal maschio e poi dalla femmina.
SANO COME UN PESCE La vita è dura per i pesci; sempre impegnati a sfamarsi e a evitare i predatori, devono anche fare i conti con numerosi organismi pericolosi trasportati dall'acqua. Virus, batteri, funghi e invertebrati (da quelli unicellulari ai vermi parassiti e alle sanguisughe) possono insediarsi sulla pelle o negli organi vitali, debilitando il pesce e portandolo a volte alla morte. L'esame sterno può rilevare le patologie più vistose, come ad esempio l'infestazione sulla pelle del fungo biancastro Saprolegnia invaderis, oppure altri funghi sulle branchie, o ancora le macchie rosse di origine batterica. In genere i pesci malati sono in natura rapidamente eliminati (soprattutto dagli utilissimi pesci predatori) e quindi poco numerosi; le epidemie si verificano di regola solo quando le alterazioni biologiche dell'ambiente hanno compromesso i sistemi difensivi degli animali.

 

LE SCAGLIE

Le scaglie sono strutture ossee cutanee presenti in molti pesci con funzione protettiva. Hanno forma subcircolare e disposizione embricata in modo che, pur costituendo un'efficace protezione dagli agenti esterni, non riducono la mobilità e l'elasticità del tegumento. A seconda che abbiano il margine posteriore liscio (come nei Ciprinidi) o dentellato (come nel Pesce persico) le scaglie si definiscono cicloidi o ctenoidi. Esse si sviluppano dal derma inserendosi nel complesso cutaneo costituito dall'epidermide e dalle ghiandole dermiche. Qualora un trauma provochi il distacco di una o più scaglie, apposite cellule del tessuto dermico provvedono a rigenerarle in tempi brevi.

 

LE STRATEGIE DI GRUPPO

Tra i pesci d'acqua dolce alcuni vivono solitari per tutta la durata del ciclo biologico, altri si raccolgono in gruppi solo in certe occasioni per scopi riproduttivi o alimentari, altri, infine, vivono tutta la vita aggregati in gruppi più o meno numerosi. Ognuno di questi comportamenti ha una stretta relazione con la biologia e l'ecologia della specie. Ad esempio, un branco di Alborelle, pesci tipicamente gregari, trova nella propria strategia di gruppo notevoli vantaggi per quanto riguarda la difesa dai predatori, lo sfruttamento delle risorse alimentari e la riproduzione. Durante l'attacco di un predatore, infatti, solo gli individui più deboli saranno catturati, mentre una volta trovata una grossa quantità di cibo questa potrà essere sfruttata al massimo da gruppo che, infine, potrà attuare nella fase riproduttiva un notevole scambio genetico grazie al gran numero di individui coinvolti nella frega.

 

L'ETA' DEI PESCI

I pesci, essendo animali "a sangue freddo", d'inverno e nei periodi freddi subiscono un rallentamento della crescita corporea non possedendo i sofisticati sistemi di termoregolazione interna propri degli animali "a sangue caldo". In particolare durante il periodo riproduttivo o nelle fasi di ibernazione lo sviluppo di molti tessuti si riduce drasticamente per riprendere a pieno ritmo soltanto al ristabilirsi delle condizioni favorevoli. Dunque analizzando certe componenti anatomiche dei pesci quali le vertebre, gli otoliti o le scaglie, è possibile osservare gli effetti della crescita stagionale differenziale dei tessuti determinando con precisione l'età degli esemplari studiati.

 

LO PSEUDO NANISMO

Lo pseudo-nanismo è un fenomeno che si manifesta frequentemente in intere popolazioni di pesci allorquando la taglia media degli individui si riduce drasticamente rispetto alla norma. Sebbene le cause specifiche siano tuttora ignote, si può supporre che il fenomeno sia dovuto a particolari situazioni ambientali capaci di influenzare la crescita come la scarsità di risorse trofiche disponibili, le basse temperature dell'acqua, il sovrappopolamento. L'ipotesi è convalidata dall'evidenza che a pseudo-nanismo sono soggette popolazioni di pesci quali il Pesce persico, il Pesce gatto e il Persico sole generate da immissioni artificiali in ambienti diversi da quelli d'origine.

 

LO SCHELETRO

Nei nostri pesci lo scheletro è composto soprattutto da tessuto osseo. Come in tutti gli altri Vertebrati, esso serve sia per sostenere il corpo, sia come punto di aggancio dei muscoli che permettono i movimenti. Le ossa del cranio sono quasi tutte saldate tra loro e formano una "scatola" compatta e robusta. Oltre alla colonna vertebrale e alle costole, sono fatti di osso anche i raggi delle pinne. Inoltre, più o meno numerose a seconda delle specie, libere tra i muscoli sono presenti le lische, dette anche "spine", ossa sottilissime e pungenti.

 

MORFOLOGIA DELLA BOCCA

Dalla forma della bocca dei pesci si possono dedurre le caratteristiche del loro regime e del loro comportamento alimentare. Schematicamente i pesci che si alimentano in superficie (ad es. l'Alborella) hanno una bocca supera o dorsale, cioè rivolta all'insù, quelli che catturano le prede a mezz'acqua (ad es. il Persico e la Trota) ce l'hanno terminale, mentre quelli che si nutrono grufolando sul fondo (ad es. Barbi e Savette) hanno la bocca infera o ventrale. Inoltre ad un'alimentazione planctofaga corrisponde una cavità orale piccola e priva di denti, a quella erbivora una bocca di medie dimensioni con labbra carnose, a quella carnivora un'ampia apertura buccale armata di denti per trattenere la preda. In molti Ciprinidi di fondo (ad es. la Carpa) le labbra sono protrattili e dotate di papille gustative e tattili.

 

ORGANIZZAZIONE

In Trentino la pesca è regolamentata da una legge provinciale (L.P.12 dicembre 1978, n° 60 e successive modifiche e integrazioni; Regolamento sulla pesca D.P.G.P. 3 dicembre 1979, n° 22-18/Leg. e success. aggiornamenti).
Viene coordinata per legge dal Servizio Faunistico della Provincia ed è gestita sul territorio da oltre 30 associazioni locali di pescatori dilettanti., che sono concessionarie dei diritti di pesca nella loro zona di competenza. Le Associazioni assistono i soci, rilasciano i permessi d'ospite e sorvegliano le acque e la pesca; inoltre effettuano i ripopolamenti ittici, che servono a reintegrare le popolazioni impoverite. Le Associazioni sono autonome, ma devono operare secondo le indicazioni della Legge e del Servizio Faunistico, che forniscono loro il necessario supporto tecnico.

 

PESCI AUTOCTONI E PESCI ALLOCTONI

Quando si parla dei pesci presenti nelle acque di un certo territorio o bacino imbrifero si definiscono autoctoni o indigeni quelli che vi si trovano e vi sono diffusi per cause naturali; si definiscono alloctoni o esotici, invece, quelli introdotti artificialmente dall'uomo. Le specie esotiche, che in Italia sono almeno 15, provocano frequentemente gravi danni all'ittiofauna locale producendo gravi squilibri nell'intero ecosistema interessato. Spesso, inoltre, specie provenienti da altri bacini imbriferi o addirittura altri continenti nel nuovo ambiente non riescono a svolgere regolarmente il proprio ciclo biologico oppure rimangono soggette a forti oscillazioni demografiche evidenziando spesso fenomeni di pseudo-nanismo.

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Pesci d'acqua dolce

di seguito le varietà di pesci che si possono trovare nelle nostre acque sia di lago che di torrente:

ALBORELLA - ANGUILLA - BOTTATRICE - CARASSIO - CARPA - CAVEDANO - COBITE - COREGONE - GHIOZZO - GOBIONE - LUCCIO - PERSICO SOLE - PERSICO TROTA - PESCE GATTO - PERSICO - SALMERINO - SANGUINEROLA - SAVETTA - SCARDOLA - SCAZZONE - SILURO - TEMOLO - TINCA - TROTA FARIO - TROTA IRIDEA - TROTA LACUSTRE - TROTA MARMORATA - TROTA SALMONATA


 

ALBORELLA

alborella

ORDINE: CYPRINIFORMES
FAMIGLIA: CYPRINIDAE
GENERE: Alburnus
SPECIE: Alburnus alburnus
SOTTOSPECIE: Alburnus alburnus alborella (De Filippi 1844)
NOMI VOLGARI: alborella, aola, avola, aoletta
NOMI STRANIERI: Bleak (ingl.); ABLETTE (FRANC.); Ukelei (ted.)
COME È FATTA Corpo dalla morfologia fusiforme, allungato e schiacciato lateralmente. Livrea argentea con riflessi metallici sui fianchi e bruno-olivastri sul dorso. Scaglie cicloidi relativamente grandi in numero pari a 42-51 lungo la linea laterale. Bocca supera, fragile, priva di dentatura, 7 denti faringei per lato, disposti in due serie. La lunghezza totale di norma non oltrepassa i 15 cm.
COME VIVE Pesce tipicamente gregario, sin dalla nascita si aggrega in branchi numerosi che si nutrono prevalentemente in prossimità della superficie di organismi planctonici vegetali e animali e di piccole larve di insetti. Vive sia in acque correnti che stagnanti al di sotto dei 1000-1200 m di altitudine raggiungendo la maturità sessuale a 2 anni. Nei laghi di una certa profondità compie migrazioni stagionali indotte dalle variazioni della stratificazione termica dell'acqua e dagli spostamenti verticali del plancton. La strategia di gruppo la agevola nella difesa dai predatori che, riuscendo a catturare solo gli individui più deboli del branco, mettono in atto un controllo selettivo su tutta la popolazione. 
LA RIPRODUZIONE L'Alborella, come molti altri ciprinidi, si riproduce in grandi gruppi, favorendo in tal modo lo scambio genetico tra i vari individui. Il periodo della frega sopravviene tra giugno e agosto quando le femmine mature, spesso aggregandosi a quelle di altre specie, depongono le proprie uova nelle ore notturne su substrati ghiaiosi e nelle acque basse. Queste, una volta fecondate da diversi maschi, rimangono incustodite e si schiudono dopo soli 2-3 giorni, dando origine a grandi branchi di avannotti che, riassorbito il piccolo sacco vitellino, si dedicano all'alimentazione attiva catturando i microscopici organismi del plancton.
LA PESCA La pesca dell'Alborella costituisce in molti luoghi una vera e propria tradizione. La si insidia con canne fisse, generalmente corte, armate di lenze e montature molto leggere sostenute da galleggiante. Sui grandi laghi dell'Italia settentrionale in presenza di grandi branchi si usano amettiere e lenze multiple.
LE ESCHE La larva di mosca carnaria (bigattino), le piccole larve di insetti e i minuti vermi d'acqua sono le migliori esche vive per l'Alborella che, tuttavia, non disdegna gli impasti di pane innescato in piccoli fiocchi e altre esche di origine vegetale. Tra le esche artificiali lo scouby-dou è l'unica adatta alla pesca del piccolo Ciprinide.
COME POSSIAMO PROTEGGERLA Essendo un Ciprinide piuttosto resistente l'Alborella non necessita di misure particolari. Va tenuto presente, tuttavia, che la sua abbondanza condiziona fortemente la presenza dei pesci predatori e che l'alterazione del suo habitat produce spesso l'insorgere di epidemie nelle popolazioni locali provocandone forti oscillazioni demografiche che finiscono col ripercuotersi sull'equilibrio ecologico di tutto l'ambiente acquatico.
CURIOSITÀ Già nel Settecento l'Alborella era conosciuta nell'industria della bigiotteria per l'utilità delle sue scaglie argentee nella preparazione di una sostanza oleosa, l'essenza d'Oriente o essenza perlifera, adoperata per conferire l'aspetto traslucido e lucente alle perle artificiali di vetro.

 

ANGUILLA
anguilla

ORDINE: ANGUILLIFORMI
FAMIGLIA: ANGUILLIDI
NOMI VOLGARI: anguìla
NOME SCIENTIFICO: Anguilla anguilla
COME È FATTA Il corpo è allungato, simile ad un serpente, con una schiacciatura laterale nella parte verso la coda. La testa può essere appuntita e lunga o larga e piatta, a seconda della varietà. La bocca è munita di denti piccoli e taglienti. Sul muso sono visibili quattro fossette nasali e gli occhi che si trovano dietro alla bocca.Molto spostata all'indietro vi è l'apertura branchiale, una fessura situata vicino alle piccole pinne pettorali, robuste e tondeggiantiL'Anguilla è priva di pinne ventrali, mentre la pinna dorsale è molto lunga. L'epidermide, viscida per la presenza di muco, è protetta da scaglie ellittiche piccolissime, quasi invisibili, inglobate nella pelle spessa, che si formano verso il quinto anno di vita. L'Anguilla ha una diversa colorazione sul dorso e sull'addome. Negli individui più giovani l'addome è bianco - giallastro o bianco - metallico, mentre il dorso è di colore marrone oliva o giallo - marrone o grigio- nero. Raggiunta la maturità sessuale, l'Anguilla assume la livrea dei colori nuziali: il dorso diventa nero e il ventre intensamente argentato. Maschio e femmina delle Anguille sono alquanto diversi: il maschio non supera i 50 cm di lunghezza, mentre la femmina può arrivare ad un metro e mezzo, con un peso sino ai 4-5 kg.Da adulta la femmina viene chiamata "Capitone" e può vivere sino a 30 anni. Maschio e femmina possono raggiungere anche età maggiori a condizione che non rispondano più al richiamo riproduttivo e quindi non intraprendano il viaggio, pieno d'insidie, dalle acque dolci a quelle salate. L'anguilla si nutre di vermi, larve, insetti e uova di altri pesci, ma non disprezza anche i pesci, piccoli ranocchi e girini.
DIFFUSIONE Presente in tutte le zone costiere europee e dell'Africa settentrionale e occidentale, dove risale i fiumi raggiungendo tutte le acque interne ad essi collegate. In Trentino è ben diffusa negli ambienti adatti.
COME VIVE Da adulta mostra una notevole adattabilità ambientale, vivendo sia nelle acque correnti di fiumi, canali e fossi, sia in acque ferme di ogni tipo. Pesce di fondo attivo prevalentemente nelle ore notturne; grazie alla sua particolare struttura branchiale può, se necessario percorrere lunghi tratti sulla terra ferma
LA RIPRODUZIONE La riproduzione delle Anguille e il mistero delle loro migrazioni hanno affascinato gli studiosi fin dall'antichità.I Greci, ad esempio, ritenevano che le piccole Anguille nascessero dai lembi di pelle dei loro genitori.Dopo una lunghissima migrazione (4-7 mila km) le Anguille europee adulte raggiungono le aree riproduttive nel mar dei Sargassi, vicino al Golfo del Messico, nell'Oceano Atlantico, a circa 500 metri di profondità. Lì successivamente alla deposizione delle uova, muoiono. Alla nascita le piccole larve, di aspetto molto diverso dagli adulti e denominate leptocefali (che significa a forma di foglia), aiutate dalla corrente oceanica del Golfo iniziano il viaggio che dopo 2-3 anni le porterà fino alle coste dell'Europa. Da qui inizia la risalita dei corsi d'acqua.La migrazione nelle acque interne inizia dopo la metamorfosi.Le piccole Anguille, chiamate impropriamente "cieche" o Anguille di montata, penetrano nelle foci dei fiumi, anche dei più piccoli, affrontano le correnti e incominciano a risalire. Una parte di esse però si ferma nelle acque salmastre delle foci.Ben presto le Anguille di montata superano ogni ostacolo nella loro risalita: assumono allora una colorazione giallastra sul ventre.Dopo altri 5-8 anni diventano mature e la colorazione si fa scura sul dorso e argentea sul ventre. È stato rilevato che alcune riescono a resistere anche fuori dall'acqua e a muoversi su campi erbosi anche vasti, passando così da un corso d'acqua all'altro. Ritornano quindi in mare e vengono chiamate Anguille argentate: la loro bocca diviene più sottile e gli occhi si ingrandiscono. È il momento in cui un'ansia le prende e si preparano a compiere, in senso inverso, il lungo cammino verso il Golfo del Messico, dove possono riprodursi.
LA PESCA L'Anguilla è un cacciatore notturno ed è quindi la notte, soprattutto se senza luna, il momento più adatto per pescarla. Si pesca con l'esca che striscia sul fondale, tenuta radente al fondo con la zavorra. Per questa pesca è quindi necessario munirsi di canne da fondo, mulinelli robusti, grossi piombi, ami solidi, terminali e lenze robuste.Quando si sentono energici strattoni significa che il pesce ha abboccato. Prima di ferrare è bene attendere un po’ di tempo. L'Anguilla può essere insidiata tutto l'anno e, dove consentito, anche di notte.
LE ESCHE Una buona esca, valida sempre, è il verme di terra, innescato su ami dal 7 al 4, ma possono andar ugualmente bene le interiora di pollo fatte a pezzi, infilate su ami dall'8 al 6, fettucce di milza cotta, fegato crudo, pesciolini vivi o morti, grossi insetti.
CURIOSITÀ Il sangue delle Anguille contiene una sostanza tossica (ittioemotossina) che, se viene a contatto con le ferite, può provocare seri avvelenamenti.

 

BOTTATRICE
botatrice

ORDINE: GADIFORMI
FAMIGLIA: GADIDI
NOMI VOLGARI: bòsa
NOME SCIENTIFICO: Lota lota
COME È FATTA Può raggiungere la lunghezza di 60 cm ed ha un corpo allungato anteriormente e compresso lateralmente. Le squame sono piccole e ricoperte di muco. Presentano un colore da verde oliva a verde-giallo. Lateralmente marmorizzata o macchiata di scuro, con la gola e le pinne ventrali biancastre. La testa è larga e dalla bocca sporge un barbiglio sulla mandibola e due molto corti davanti alla cavità nasale. Sul dorso spuntano due pinne, di cui la seconda è lunga fino alla pinna caudale; la Bottatrice possiede una pinna pettorale robusta, due pinne ventrali carenate e una lunga pinna anale.
DISTRIBUZIONE Ha un'areale vastissimo, essendo diffusa in tutto l'emisfero settentrionale. In Italia è presente in un'area che va dal lago Maggiore al Garda. In Trentino è stata introdotta in alcuni laghi.
COME VIVE È un pesce notturno che di regola vive nei laghi a notevoli profondità, in acque fredde e limpide, fra la vegetazione o i detriti del fondo, mentre verso il tramonto risale e si avvicina alla riva. È un carnivoro che, con i suoi agguati, attacca avannotti o pesciolini vivi e non disdegna anche quelli morti.
LA RIPRODUZIONELa riproduzione avviene da novembre a febbraio. Durante il corteggiamento, i corpi dei due pesci si attorcigliano in una specie di danza. La femmina depone sui fondali sabbiosi o sulle piante acquatiche centinaia di migliaia di uova, caratterizzate da una tipica goccia oleosa. Poiché spesso le uova si staccano dal substrato e galleggiano, poche arriveranno a schiudersi, divenendo cibo per altri pesci. Lo sviluppo è lento e la maturità viene raggiunta in tre o quattro anni.
LA PESCA Le ore migliori per pescare la Bottatrice sono quelle del tramonto, quando abbandona la propria tana e va verso riva. I luoghi migliori per adescarla sono le piccole anse dei laghi, in cui la sponda rocciosa degrada verso il fondo. Si cattura con la pesca a fondo, come l'Anguilla.
LE ESCHE Poiché è un carnivoro, vanno bene come esca i pesciolini morti che dovranno essere innescati su grossi ami, vermi di terra e interiora di pollo, infilzati a calza.
CURIOSITÀ Alcuni studiosi ritengono che la Bottatrice non sia autoctona in Italia, ma sia stata introdotta in epoca storica.

 

CARASSIO DORATO
carassio

ORDINE: CIPRINIFORMI
FAMIGLIA: CIPRINIDI
NOMI VOLGARI: caràs, pes ros
NOME SCIENTIFICO: Carassius carassius
COME È FATTO Il Carassio può arrivare a lunghezza di 45 cm e 3 kg di peso. La livrea è di colore grigio - ottone con dei riflessi blu - acciaio sul dorso, mentre le pinne hanno sfumature rossastre. La testa è ottusa e stretta, il corpo tozzo, arcuato e la pinna dorsale alta e lunga.
DIFFUSIONE Originario dell'Asia orientale è stato introdotto in Europa e nell'America settentrionale. In Italia si è diffuso un po’ ovunque a causa delle continue immissioni. In Trentino è presente nei laghi di bassa quota e nei fossati di fondovalle; è stato osservato anche nell'Adige.
COME VIVE Il Carassio vive preferibilmente nei piccoli fossi, negli stagni, negli acquitrini, nei laghi, fra le acque putride e con fondo melmoso, dove si può trovarlo in branchi.È un pesce facilmente adattabile e rustico; queste sue caratteristiche fanno sì che il suo areale di distribuzione sia in espansione. Talvolta vengono effettuate delle semine di questa specie nelle acque libere. Tali iniziative contribuiscono alla diffusione del Carassio anche in ambienti non vocati.
LA RIPRODUZIONE Si riproduce da maggio a giugno. I Carassi iniziano la frega agitando vivacemente l'acqua con la coda. La femmina, giunta a maturazione, depone sulle piante acquatiche fino a 200.000 uova.
LA PESCA La pesca si effettua nelle zone a corrente lenta dei fiumi, nelle anse dei laghi e degli stagni, dove l'acqua è più calda e melmosa.
LE ESCHE Può essere insidiato con pezzetti di vermi, con larve, mollica di pane, preferibilmente eseguendo prima una buona pasturazione.
CURIOSITÀ Questo popolare pesce ornamentale, chiamato anche pesce rosso, viene spesso rilasciato per disfarsene in acque naturali e ciò ne ha favorito la grande diffusione.

 

CARPA
carpa

ORDINE: CYPRINIFORMES
FAMIGLIA: CYPRINIDAE
GENERE: Cyprinus
SPECIE: Cyprinus carpio Linnaeus 1758
NOMI VOLGARI: carpa, regina, carpa regina, carpa a specchi, carpa di Galizia, gobbo
NOMI STRANIERI: Carp (ingl.); Carpe (franc.); Karpfen (ted.); Carpa (spagn.).
COME È FATTA Corpo tozzo e massiccio ricoperto completamente (Carpa regina) o parzialmente (Carpa a specchi o di Galizia) di grandi scaglie cicloidi. La livrea è di colore dorato su sfondo bruno olivastro scuro. Pinna dorsale lunga con il primo raggio rigido e seghettato. Bocca protrattile dotata di labbra carnose e 4 barbigli. 5 denti faringei in due serie per ogni lato. Una varietà di allevamento completamente priva di scaglie viene chiamata Carpa cuoio.
COME VIVE Popola le acque ferme di laghi e stagni al di sotto dei 1200 m di altitudine e quelle lentamente correnti dei fiumi. Il suo habitat è caratterizzato da fondali fangosi e dalla presenza di abbondante vegetazione acquatica sommersa. Ha un regime alimentare onnivoro e si nutre sia di organismi animali sia di piante, nonché dei loro derivati organici contenuti in grande quantità nei sedimenti lacustri e fluviali. Nella stagione invernale cade in uno stato di ibernazione affossandosi nel substrato fangoso e riducendo drasticamente tutte le funzioni vitali fino al disgelo. 
LA RIPRODUZIONE La carpa è in assoluto una delle specie ittiche più prolifiche potendo produrre fino a 200000 uova per ogni kg di peso. La maturità sessuale viene raggiunta a 3-4 anni. Il periodo riproduttivo cade tra maggio e giugno, quando le femmine, avvicinandosi alle rive, seguite dai maschi, depongono qua e là sulla vegetazione sommersa numerosissime piccole uova che una volta fecondate da diversi patners, si schiuderanno di lì a una settimana dando vita ad avannotti del tutto simili ad individui adulti.
LA PESCA La carpa si pesca soprattutto a fondo o con la lenza sostenuta da galleggiante, ma sempre con l'esca posta sul fondale. In larga diffusione negli ultimi anni il Carp fishing di concezione inglese. 
LE ESCHE La polenta è l'esca più classica dei pescatori italiani per la pesca della Carpa che, tuttavia, non disdegna neanche il mais, i grossi lombrichi di terra, gli impasti di pane e gli organismi del benthos lacustre. Recentemente si sono diffuse esche specifiche per la pesca della Carpa note come boilies.
COME POSSIAMO PROTEGGERLA La Carpa è un pesce molto resistente, capace di tollerare basse concentrazioni di ossigeno disciolto nelle acque e situazioni evidenti di inquinamento organico. Tuttavia il suo importante ruolo nell'equilibrio ecologico degli ambienti lacustri consiglia la salvaguardia delle sue zone di frega e la ripresa delle pratiche di carpicoltura connesse con la coltivazione del riso ed ormai abbandonate dalla maggior parte degli agricoltori.
CURIOSITÀ Originariamente la Carpa non faceva parte dell'ittiofauna dell'Europa occidentale, ma era relegata al continente asiatico e alle regioni europee orientali. Veniva allevata a partire almeno dal V sec.a.C., nell'Asia centromeridionale e costituiva un'importante fonte di nutrimento per i popoli di quelle regioni. La sua introduzione in Italia sembra sia avvenuta circa duemila anni or sono ad opera dei Romani che, prese le tecniche di carpicoltura dai Cinesi, vollero praticarle nelle acque italiche.

 

CAVEDANO
cavedano


ORDINE: CIPRINIFORMI
FAMIGLIA: CIPRINIDI
NOMI VOLGARI: squalét, cavazìn
NOME SCIENTIFICO: Leuciscus cephalus
COME È FATTO Il corpo del Cavedano raggiunge la lunghezza di 50-60 cm. È slanciato e robusto. Le scaglie sono molto grosse; dorsalmente la colorazione varia dal grigio-verde al grigio-scuro, lateralmente è bianco-argentea, mentre ventralmente è bianca. Le pinne ventrali e l'anale sono grigie con sfumature antracite. Ha una bocca discretamente ampia.
DIFFUSIONE È un pesce comune in quasi tutte le acque di pianura, dei fiumi, dei torrenti, dei laghi dove vive in branchi numerosi, nutrendosi di invertebrati e di piccoli pesciolini. È assente in Sicilia. In Trentino è ben diffuso.
COME VIVE Lo si può trovare in acque anche a scarso tenore di ossigeno o torbide e inquinate, dove si nutre di tutto, tanto da essere soprannominato lo spazzino delle acque.È astuto, combattivo, irrequieto, sospettoso, nuotatore veloce, sempre in movimento durante quasi tutto l'anno. Riduce la propria attività solo nei mesi invernali. 
LA RIPRODUZIONE Si riproduce da maggio a luglio. Durante il periodo della frega i maschi, che maturano a due anni, presentano la livrea nuziale con caratteristiche perle poste anteriormente sul capo. Le femmine iniziano a riprodursi verso il terzo, quarto anno di età, per cui, nel periodo riproduttivo, si possono vedere femmine più grandi circondate da maschi assai piccoli. Sul finire della primavera la femmina depone sulla ghiaia, sui sassi delle rive e sulla vegetazione acquatica, centinaia di uova piccolissime. Dopo quindici giorni dalla fecondazione, le uova si schiudono e gli avannotti che ne nascono hanno una crescita piuttosto rapida.
LA PESCA Il Cavedano, per essere pescato, richiede una certa esperienza, soprattutto per gli esemplari più grossi. Le stagioni migliori per la pesca sono la primavera e l'autunno, nelle ore del mattino o dopo il tramonto. Richiede spesso una canna con mulinello, lenza sottile, galleggiante e piombatura.
LE ESCHE Le esche più adatte sono la larva di mosca carnaria e, in genere, tutti i tipi di larve, vermi o molluschi. Può essere insidiato anche con piccoli cucchiaini o ondulanti o con frutta di stagione. Ottimi risultati si ottengono pure con una mosca artificiale galleggiante.
CURIOSITÀ È una tra le specie più adattabili alle alterazioni degli ambienti acquatici e alla presenza di sostanze inquinanti.

 

COBITE
cobite

ORDINE: CIPRINIFORMI
FAMIGLIA: CIPRINIDI
NOMI VOLGARI: foraguada
NOME SCIENTIFICO: Cobitis taen
COME È FATTO Il Cobite comune è un pesce di piccole dimensioni. La livrea, dorsalmente, è di colore grigio-bruno, lateralmente va dal grigio al giallo chiaro con macchie marroni allineate e ventralmente è di un giallo sbiadito. Presenta una pinna caudale subquadrata. Il corpo è allungato e compresso ai lati. Sotto gli occhi ha una caratteristica spina aguzza e la bocca è circondata da sei corti barbigli. I maschi del Cobite comune hanno dimensioni più piccole delle femmine e presentano delle pinne pettorali appuntite e con secondo raggio più robusto e più lungo degli altri. Le femmine, invece, hanno più robusto e più lungo il terzo raggio.
DISTRIBUZIONE Vive in quasi tutta l'Europa e in Asia centrale. In Italia è presente come specie autoctona nelle regioni settentrionali e nel versante tirrenico della penisola, ma è stato introdotto in altre regioni. In Trentino è abbastanza diffuso.
COME VIVE La famiglia dei Cobitidi in Italia comprende poche specie, ma in altri continenti è assai diffusa con numerose altre specie. Vive nei fiumi, negli stagni, nei laghi dove si trovano correnti moderate, fondali sabbiosi o ghiaiosi e dove esiste abbondante vegetazione acquatica. Il Cobite si nutre di piccoli organismi che trova nei sedimenti del substrato setacciando la sabbia. È un pesce per lo più notturno. Il Cobite barbatello, invece, preferisce le acque terse dei fiumi e dei laghi.
LA RIPRODUZIONE Il periodo riproduttivo va da maggio a giugno. La femmina depone qualche centinaio di piccole uova che il maschio feconda; quindi, entrambi, si allontanano dal luogo di deposizione.
LA PESCA Il Cobite è un pesce ricercato dai pescatori, non tanto per le sue carni, quanto per il fatto che viene utilizzato come esca. Si insidia con attrezzature molto leggere, usando piccoli ami.
LE ESCHE Si utilizzano pezzetti di vermi o di portasassi.
CURIOSITÀ La diffusione del Cobite comune al di fuori dell'areale di origine è legata al suo utilizzo come esca viva per insidiare i predatori.

 

COREGONE
coregone

ORDINE: SALMONIFORMI
FAMIGLIA: SALMONIDI
NOMI VOLGARI: coregon
NOME SCIENTIFICO: Coregonus Laveretus
COME È FATTO Il corpo del Coregone lavarello è abbastanza slanciato. È rivestito di scaglie di tipo cicloide; dorsalmente il colore va dal grigio-verde al bruno chiaro, mentre lateralmente si presenta grigio argenteo scintillante e ventralmente bianco. È lungo fino a 70 cm. Il capo è piccolo ed ha occhi ben sviluppati, la bocca è piccola e priva di denti.
DIFFUSIONE Questa specie, presente nel centro e nel nord d'Europa, è stata introdotta alla fine dell'Ottocento in Italia, dove si è perfettamente acclimatata. In Trentino è presente solo in pochi laghi di bassa quota, tra cui quelli di Garda, Ledro, Toblino, Cavedine e Lases.
COME VIVE I Coregoni vivono nelle acque dei laghi, quelle pure e profonde. Nel lago di Garda si trova il Coregone lavarello.
LA RIPRODUZIONE La riproduzione avviene tra la fine di dicembre e i primi di gennaio. Durante questo periodo la femmina depone 40.000 uova per kg di peso sul fondo ghiaioso, lungo le sponde poco profonde dei laghi. Dopo due anni circa, i piccoli raggiungono la maturità sessuale. La sua presenza è duramente minacciata dall'estendersi del fenomeno dell'eutrofizzazione delle acque, con conseguente diminuzione dell'ossigeno negli strati profondi, soprattutto dall'abnorme proliferazione degli organismi vegetali acquatici dovuta all'inquinamento.
LA PESCA Il Coregone lavarello si pesca con canne da lancio lunghe, con cucchiaini semplici o doppi, raramente anche a mosca. Per salparlo è consigliabile l'uso del guadino dal momento che il Coregone ha una bocca assai fragile.
CURIOSITÀ Il Lavarello è una delle specie più ricercate dai pescatori professionisti per la bontà delle sue carni.

 

GHIOZZO
ghiozzo

ORDINE: PERCIFORMI
FAMIGLIA: GOBIIDI
NOMI VOLGARI: magneron
NOME SCIENTIFICO: Padogobius martensi
COME È FATTO Il suo corpo è tozzo, sgraziato, di piccole dimensioni (da 4 a 8 cm di lunghezza), con una grande testa ed occhi sporgenti; l'apertura della bocca è grande, ampia e fornita di spesse labbra. La colorazione dorsalmente è grigio-bruna, mentre i fianchi hanno sfumature più scure o più chiare. La pinna caudale è arrotondata, mentre quelle ventrali sono unite a formare una specie di ventosa con cui i Ghiozzi aderiscono al substrato; le pinne pettorali, invece, sono molto ampie.
DIFFUSIONE È una specie presente solo in Italia e in una piccola parte della Dalmazia. Nel nostro paese è diffusa dalla regione padano-veneta all'Appennino, fino alle Marche. In Trentino il ghiozzo padano è stato osservato nel Lago di Ledro e nel Bacino degli Speccheri, in Vallarsa.
COME VIVE È un pesce socievole che vive in gruppi numerosi. In genere, è frequente nella fascia delle risorgive dove trova acque mosse e sorgenti a fondo ghiaioso. Presso le rive si può trovare nascosto sotto le pietre. Si ciba di piccoli invertebrati.
LA RIPRODUZIONE Il periodo riproduttivo va da maggio a luglio. Durante il periodo della frega sia i maschi che le femmine assumono una livrea a colori vivaci. È caratteristico il sistema di corteggiamento: il maschio costruisce una specie di nido che ricava dal fondo, scavando con le pinne pettorali e la bocca. Quindi comincia il corteggiamento anche con l'emissione di una serie di suoni e, forse, ultrasuoni. La femmina entra a deporvi le uova e il maschio le feconda. Nel nido però possono entrare successivamente anche altre femmine le cui uova verranno fecondate dal maschio. Questi poi le custodisce senza mai abbandonare il nido. Dopo 12-15 giorni le uova si schiudono.
LA PESCA I ghiozzi sono buone esche per i Lucci e le Trote. La loro cattura non è difficile.
LE ESCHE Come esca va bene la larva di mosca, pezzetti di molluschi, semi di canapa, utilizzando un'attrezzatura molto leggera.
CURIOSITÀ Questa specie dall'interessantissimo comportamento è particolarmente sensibile alle variazioni ambientali.

 

GOBIONE
gobione

ORDINE: CIPRINIFORMI
FAMIGLIA: CIPRINIDI
NOMI VOLGARI: gobion
NOME SCIENTIFICO: Gobio gobio
COME È FATTO Si distingue dal Barbo, col quale condivide spesso l'habitat, per le dimensioni più piccole e per la presenza di un solo paio di barbigli. Il suo corpo è affusolato e a sezione circolare ed ha una lunghezza massima di 10-13 cm. Dorsalmente la colorazione è in prevalenza bruno-marrone, mentre sui fianchi prevale la tonalità grigia. Su questi ultimi e sul dorso vi sono varie macchiette e punti scuri che, a volte, formano una specie di striscia bruna che percorre i lati. La testa è grande e goffa, con grandi occhi e bocca protrattile. La pinna dorsale è alta ed è inserita a metà del corpo, mentre quella caudale è ben incisa e punteggiata di scuro.
DIFFUSIONE È una specie diffusa in gran parte dell'Europa e dell'Asia settentrionale. In Italia è presente solo nelle regioni del Nord. In Trentino la presenza del Gobione pare circoscritta ai laghi di Garda, Canzolino e Madrano.
COME VIVE Il Gobione vive nei corsi d'acqua con acque limpide e fondo ghiaioso-sabbioso, spesso insieme ai Barbi. Si nutre di piccoli organismi che popolano il fondale del fiume.Si può però rintracciare anche nei laghi. Vive in piccoli branchi, nutrendosi di microrganismi che trova nel fondale, di vermi, larve, insetti, uova, detriti, alghe e ogni tipo di avanzi. Per il suo modo di nutrirsi, grufolando fra la melma, viene considerato uno "spazzino delle acque".
RIPRODUZIONE La riproduzione ha luogo tra maggio e luglio sui fondali sabbiosi o ciottolosi. I maschi, nel periodo della frega, si coprono di tubercoli e di formazioni perlacee. È un pesce molto prolifico: la femmina, infatti, depone da 1000 a 2000 uova di colore azzurrognolo che vengono subito fecondate dal maschio e che restano poi attaccate ai sassi.
LA PESCA La pesca va fatta in primavera-estate, in acque non profonde, con un po’ di corrente e, in autunno, in quelle più calde e stagnanti. Viene considerato un pesce-esca per la pesca dell'Anguilla. È un pesce di buon appetito che si pesca con lenze sorrette da galleggiante piccolo e allungato, come per le Alborelle, i Triotti e le Scardole.
LE ESCHE Come esca viene usato il verme rosso su un amo un po’ grosso o la larva di mosca carnaria.
CURIOSITÀ Questa specie è particolarmente sensibile all'inquinamento e alle modificazioni dell'alveo dei corsi d'acqua.

 

LUCCIO
luccio

ORDINE: SALMONIFORMES
FAMIGLIA: ESOCIDAE
GENERE: Esox
SPECIE: Esox Lucius Linnaeus 1758
NOMI VOLGARI: luccio
NOMI STRANIERI: Pike (ingl.); Brochet (franc.); Hecht (ted.); Sollo (spagn.)
COME È FATTO Corpo slanciato con altezza pari a circa 1/8 della lunghezza. Pinne dorsale ed anale molto arretrate, peduncolo caudale assai breve. Livrea verde-bruna sul dorso, con macchie più o meno irregolari di colore biancastro sui fianchi e sulle pinne; ventre bianco. Capo grosso con forma caratteristica "a becco d'anatra". Bocca molto ampia armata di numerosissimi denti conici sulle ossa mandibolari e palatine, nonché sulla lingua. Scaglie cicloidi in numero di 120- 130 lungo la linea laterale. Le dimensioni delle femmine sono maggiori di quelle dei maschi; la lunghezza massima supera raramente i 150 cm e il peso i 25 kg.
COME VIVE Predatore solitario per antonomasia, il Luccio vive nelle acque ferme e lentamente correnti delle fasce altitudinali di pianura, di montagna, di collina e di montagna fino ai 1000-1200 m s.l.m. Il suo habitat è tipicamente ricco di ostacoli sommersi e vegetazione acquatica tra i quali si nasconde durante le fasi di "caccia" e depone le proprie uova. Nei laghi predilige le zone occupate dalla corona delle macrofite sommerse e dai canneti: vi trova cibo abbondante, costituito quasi esclusivamente da pesci di dimensioni piccole e media. Per catturarli si cela in attesa tra la vegetazione attaccando un'unica preda con uno scatto formidabile dal basso verso l'alto. 
LA RIPRODUZIONE Il luccio raggiunge la maturità sessuale a 2-3 anni e si riproduce tra febbraio e maggio. In questo periodo le femmine si avvicinano alle zone ricche di vegetazione prossime alla riva seguite da alcuni maschi generalmente di dimensioni inferiori. Il numero di uova deposte varia generalmente tra 15000 e 30000 per ogni chilogrammo di peso. Esse sono dotate di un apparato adesivo e si attaccano ai vegetali acquatici. Una volta fecondate si sviluppano piuttosto lentamente e quando, dopo circa 2 settimane, si attua la schiusa, gli avannotti usufruiscono del nutrimento contenuto nel sacco vitellino. In pochi giorni, tuttavia, crescono rapidamente e possono incominciare a predare attivamente gli organismi del plancton e del benthos e, in seguito, avannotti e piccoli pesci.
LA PESCA Il luccio si cattura essenzialmente con montature sorrette da galleggiante o a fondo innescando il pesce vivo. Inoltre è una delle prede più frequenti ed ambite del pescatore a spinning.
LE ESCHE Per insidiare l'Esocide vanno bene tutti i pesci vivi e in particolare i più resistenti e vivaci come la Scardola, il Carassio, il Cavedano e il Triotto. Tra le esche artificiali risultano efficaci soprattutto i cucchiaini ondulanti, i minnows, i plughi, le esche in gomma vinilica ed i cucchiaini rotanti.
COME POSSIAMO PROTEGGERLO Il Luccio, in quanto predatore ittiofago, rappresenta in molti ambienti d'acqua dolce il livello più elevato della piramide alimentare ed ha, di conseguenza, un'influenza importantissima sull'equilibrio trofico dell'intero ecosistema. Negli ultimi anni la sua forte riduzione, dovuta per lo più all'alterazione della qualità chimico-fisica delle acque in cui vive e alla distruzione delle sue aree di frega, ha provocato l'abnorme aumento delle specie di minor valore e gravi squilibri negli ambienti fluviali e lacustri. Il risanamento di questa grave e generalizzata situazione è anche il presupposto fondamentale per il recupero e la salvaguardia delle popolazioni naturali di Luccio. A questo potrà contribuire anche l'aumento della misura minima dai 30 cm attualmente in vigore in molte parti d'Italia ai 45-50 cm che rappresentano la taglia effettivamente raggiunta al 3°-4° anno di età.
CURIOSITÀ Sebbene le dimensioni massime del Luccio superino raramente i 130 cm e i 20 kg di peso, dalla Germania è documentata la cattura di esemplari di oltre 30 kg. Il Luccio più grosso preso in Italia e del quale si sia avuto notizia venne pescato nel fiume Po presso Spessa Po (PV): era lungo 170 cm e pesava 27 kg.

 

PERSICO SOLE
sole

ORDINE: PERCIFORMES
FAMIGLIA: CENTRARCHIDAE
GENERE: Lepomis
SPECIE: Lepomis gibbosus (Linnaeus 1758)
NOMI VOLGARI: persico sole, pesce sole, sole, gobbo
NOMI STRANIERI: Sun fish (ingl.); Perche Soleil (franc.); Sonnenbarsch (ted.)
COME È FATTO Corpo di forma ovale schiacciato ai lati. Livrea a colori sgargianti azzurri ed arancio, con macchia opercolare nera e rossa e ventre giallo. Scaglie ctenoidi in numero di 36-48 lungo la linea laterale. Pinna dorsale allungata, sorretta nella parte anteriore da dieci raggi spiniformi. Bocca terminale non ampia dotata di piccoli denti conici uguali. Raggiunge la lunghezza massima di 20cm ed il peso di 250-300 g.
COME VIVE Originario del Nord America venne introdotto in Europa nel secolo scorso adattandosi alle acque ferme e lente della fascia pedemontana e di pianura fino a quella di media montagna. In questi ambienti predilige le zone prossime alla riva con vegetazione acquatica e fondali ghiaiosi. La sua alimentazione è carnivora: si nutre di larve di insetti, di uova ed avannotti di pesci, di organismi di benthos animale. Viene predato soprattutto dal Persico trota con il quale condivide, oltre all'appartenenza alla famiglia dei Centrarchidi, l'origine americana.
LA RIPRODUZIONE Durante il periodo riproduttivo (giugno-luglio) i maschi che hanno raggiunto la maturità sessuale individuano sui bassi fondali ghiaiosi vicini alla riva un'area adatta alla preparazione del nido, ripulendola accuratamente con la coda e difendendo dagli intrusi questo territorio. Una sola femmina, dopo essersi aggregata al proprio partner, vi depone 2000-3000 uova che vengono immediatamente fecondate dal maschio. Questo le custodisce fino alla schiusa, seguendo gli avannotti fino a quando, riassorbito completamente il sacco vitellino, potranno incominciare a catturare esche vive di piccole dimensioni aggirandosi in branchi nel sottoriva.
LA PESCA Si pesca con canna fissa in prossimità delle rive. Qualcuno lo cattura regolarmente utilizzandolo in cucina sebbene nelle sue carni, pur simili a quelle del Pesce persico, siano presenti molte lische.
LE ESCHE Si cattura con larve di mosca carnaria, piccoli lombrichi a pezzi, varie larve di insetti ed altro. Mostra notevole aggressività anche nei confronti di piccole esche artificiali (tipo scouby-dou).
COME PROTEGGERLO Il Persico sole è tra i pesci immessi artificialmente nelle acque italiane, uno dei più dannosi per l'ittiofauna autoctona poiché, oltre ad aver prodotto gravi squilibri nei popolamenti lacustri e fluviali, si nutre abitualmente delle uova di molte specie ittiche. È un pesce, dunque, che non richiede alcuna protezione. La sua ulteriore diffusione anzi deve essere evitata in ogni modo. 
CURIOSITÀ Le popolazioni europee di Persico sole, ben lontane dall'aver raggiunto una distribuzione stabile ed un assestamento numerico, sono soggette nella maggior parte delle acque a fenomeni di pseudo-nanismo. In molti laghi infatti, gli esemplari di maggiori dimensioni non superano i 15 cm di lunghezza e i 100 g di peso, mentre nelle zone d'origine è documentata l'esistenza e la cattura di soggetti di oltre 2 kg.

 

PERSICO TROTA
persico trota

ORDINE: PERCIFORMI
FAMIGLIA: CENTRARCHIDI
NOMI VOLGARI: bocalon
NOME SCIENTIFICO: Micropterus salmoides
COME È FATTO Il Persico trota ha un corpo ovale e può raggiungere i 70 cm di lunghezza. Il rivestimento è di colore verde scuro sul dorso, mentre lateralmente ha delle sfumature giallo ottone ed è ornato da macchie scure; è bianco-grigio sul ventre. Le guance sono attraversate da due bande scure e negli angoli degli opercoli ha una macchia scura. Ha una testa grande con una bocca larga, con denti fitti, simile a quella dei grandi predatori come il Luccio. La figura è massiccia. La pinna dorsale ha la parte anteriore con raggi spiniformi.
DIFFUSIONE Originario dell'America settentrionale è stato introdotto alla fine dell'Ottocento in Europa, dove si è acclimatato. In Italia è diffuso in molte località del centro e del nord. In Trentino è presente nei laghi collinari e, tra le acque correnti, solo sul Brenta.
COME VIVE Vive nelle acque con poca corrente, negli stagni, nelle torbiere, nelle acque dei fiumi e dei canali, soprattutto in ambienti ricchi di vegetazione. Spesso associato ai Ciprinidi, si adatta ad ogni habitat. È un pesce carnivoro e combattivo che attacca e assale anche quelli della sua stirpe. Come accade per altre specie di pesci, il Persico trota, da giovane, vive in branchi; successivamente tende ad appartarsi, soprattutto verso la vecchiaia. Si ciba di rane, girini, insetti, larve, uova e vermi.
LA RIPRODUZIONE Da maggio a giugno i maschi vanno alla ricerca di acque basse, limpide e con il fondo di sabbia o ghiaia. Quindi, con l'aiuto della pinna caudale, scavano sul fondo una piccola depressione ghiaiosa e preparano il nido, dove la femmina depone 2-4.000 uova che vengono subito fecondate. Il maschio resta poi a difesa delle uova e, muovendo le pinne pettorali e la caudale, mantiene il ricambio dell'acqua. Dopo una decina di giorni nascono gli avannotti che per un po’ di tempo stazionano nei pressi del nido. Durante questa fase il maschio intensifica l'attività di difesa del nido e della prole.
LA PESCA Il Persico trota è un pesce diffidente e imprevedibile, per cui, nella pesca sportiva, richiede abilità e un'attrezzatura robusta. Si pesca sia in superficie che a mezzofondo, a seconda del periodo.
LE ESCHE Esca preferita è la rana, il ranocchio, il pesciolino. Si possono usare esche artificiali come poppers e plugs, muovendoli in maniera evidenziata in superficie, o cucchiaini con colori gialli, rossi, neri, verdi o viola.
CURIOSITÀ Pur essendo una specie estranea alla nostra fauna, sembra che non entri in competizione con i predatori indigeni (Luccio e Pesce persico).

 

PESCE GATTO
pesce gatto

ORDINE: SILURIFORMI
FAMIGLIA: ICTALURIDI
NOME SCIENTIFICO: Ictalurus melas
COME È FATTO Può raggiungere una lunghezza di 30-35 cm; il suo corpo è tozzo. La testa è grande, larga e piatta e la bocca è circondata da otto barbigli, quattro lunghi e quattro corti, ricchi di organi di senso che lo aiutano nella ricerca del cibo. Il rivestimento è viscido e privo di scaglie. Sulla corta pinna dorsale ha un aculeo pericoloso e tossico che provoca ferite dolorose. La seconda pinna del dorso è adiposa. La colorazione del corpo sul dorso è bruno-giallastra con sfumature nere, lateralmente è verde chiara con riflessi dorati, mentre il ventre è chiaro.
DIFFUSIONE Originario degli Stati Uniti, è stato introdotto in Europa nel 1880 dove si è acclimatato ovunque. È presente nel centro-nord dell'Italia e in Sardegna. In Trentino è segnalato solo in alcuni laghi collinari e nel tratto inferiore dell'Adige.
COME VIVE È frequente in tutte le acque di pianura e nei canali, dove può competere con le altre specie autoctone. Preferisce le acque lente e ricche di vegetazione con fondo melmoso. D'inverno si seppellisce nel fango e rallenta le attività vitali. Va a caccia soltanto di notte, durante il giorno si nasconde nei punti più profondi dei laghi e dei fiumi. Si avvicina alla superficie dell'acqua solo in prossimità di un temporale. Se in pericolo o se afferrato, si difende ergendo gli aculei delle pinne e, se gli riesce, fugge e si nasconde in qualche anfratto.
LA RIPRODUZIONE Si riproduce verso maggio-giugno. I maschi preparano il nido in fosse fangose dove la femmina depone qualche centinaio di migliaia di uova, in acque basse vicino alla riva, nei canneti, fra i giunchi o attaccate alla vegetazione delle zone allagate. Il maschio quindi sorveglia e custodisce le uova fino alla schiusa, ventilandole. Gli avannotti che ne nascono si spostano in branchi, formando delle nuvole nere caratteristiche.
LA PESCA Va insidiato di notte e nelle prime ore del mattino, nelle acque tiepide e torbide delle anse e delle buche profonde.
LE ESCHE Come esche vive si adoperano lombrichi, rane, gamberetti o larve di mosca carnaria; meglio se si pesca avendo prima pasturato.
CURIOSITÀ I raggi spinosi di questa specie possono causare ferite molto dolorose e di difficile guarigione.

 

PESCE PERSICO
persico

ORDINE: PERCIFORMI
FAMIGLIA: PERCIDI
NOMI VOLGARI: persec, pess persec
NOME SCIENTIFICO: Perca Fluviatilis
COME È FATTO È un pesce lungo fino a 45-50 cm. La livrea è di colore verde oliva sul dorso, giallo dorato con striature nere sui fianchi e biancastro sul ventre. Comunque i colori variano a seconda dell'ambiente. Sul dorso ha due pinne, la prima più sviluppata, con raggi spiniformi e una macchia nera sugli ultimi raggi, la seconda con raggi molli. Le pinne ventrali, l'anale e la caudale sono rossastre. La bocca è ampia e gli opercoli terminano con delle spine.
DISTRIBUZIONE Presente in quasi tutta Europa, Asia centro-occidentale, Australia e Nuova Zelanda. Originariamente presente nell'Italia settentrionale, il suo areale è stato esteso verso sud con le immissioni. In Trentino è ben diffuso.
COME VIVE Il Pesce persico è un predatore carnivoro, stanziale, molto vorace che vive in branchi consistenti, soprattutto negli stadi giovanili, nei laghi prealpini, in acque lente con fondo sabbioso o nelle correnti, in prossimità di piante acquatiche. In inverno si nasconde nelle profondità delle acque.
LA RIPRODUZIONE La riproduzione avviene da aprile a giugno. La femmina si porta in acque basse ed erbose vicino alla riva, deponendo decine di migliaia di uova, riunite in lunghi cordoni gelatinosi, appesi alla vegetazione, alle canne, ai rami; le uova vengono subito fecondate dal maschi. Per favorire la riproduzione, in alcune zone vengono posti dai pescatori degli ammassi di legna (le cosiddette "legnaie") in cui i Persici trovano rifugio nel periodo della frega. Dopo la schiusa i piccoli si nutrono di zooplancton, mentre divenuti adulti, predano animaletti, piccoli pesci, invertebrati etc.
LA PESCA Il periodo migliore per la pesca è d'estate, in acque poco profonde, abbastanza vicino alla riva, mentre d'inverno, nel tardo autunno o all'inizio della primavera è preferibile pescarlo in acque profonde con fondi rocciosi.
LE ESCHE Si pesca col pesce vivo o col cucchiaino. Viene preferita la canna robusta di 4-5 metri con mulinello o quella di 7-8 metri senza mulinello. Come esca si impiega il Cobite.
CURIOSITÀ In questa specie è frequente il nanismo, soprattutto dove gli esemplari sono presenti con elevata densità.

 

SALMERINO
salmerino alpino

ORDINE: SALMONIFORMI
FAMIGLIA: SALMONIDI
NOMI VOLGARI: salmerin, salmarin
NOME SCIENTIFICO: Salvelinus alpinus
COME È FATTO È simile alla Trota, ma più piccolo e con scaglie ovali allungate. È facilmente confondibile con il Salmerino di fontana che viene spesso seminato nei torrenti alpini dai pescatori sportivi. Presenta la pinna adiposa. Il margine anteriore delle pinne ventrali ha un'orlatura bianca. La livrea varia a seconda dell'età, del sesso e della stagione. In genere ha il dorso grigio-verde e il ventre bianco-rosato. Spesso presenta macchie biancastre o giallastre sui fianchi. Nel periodo della riproduzione i maschi si caricano di un colore aranciato con macchie nerastre, mentre le femmine hanno, in genere, colori più tenui.
DIFFUSIONE Vive nella regione circumpolare ma popola molti bacini lacustri dell'Europa continentale, dell'Asia e dell'America settentrionale. In Italia è presente solo nei bacini imbriferi dell'Adige, del Brenta e del Sarca. In Trentino sono presenti popolazioni presumibilmente autoctone in meno di una ventina di laghetti alpini.
COME VIVE È considerato il "Re delle acque gelide" in quanto vive in ambienti freddi. Lo troviamo in branchi nelle acque pure, fresche e ben ossigenate dei laghi alpini e prealpini. Si nutre di vermi, di molluschi e di insetti. Quando raggiunge una taglia superiore passa a una dieta ittiofaga.
LA RIPRODUZIONE Il Salmerino alpino si riproduce nei mesi che vanno da novembre a gennaio. Le femmine migrano e si portano in acque meno profonde dove depongono migliaia di uova che vengono subito fecondate.
LA PESCA Il metodo migliore per la pesca è quello con la mosca sommersa o con la ninfa (subimago) o con il cucchiaino argentato e punteggiato di rosso e di nero.
LE ESCHE Si pesca a fondo o a mezza acqua con esche naturali quali Sanguinerole, Alborelle, vermi, insetti, larve, uova, lumache.
CURIOSITÀ Molte popolazioni relitte di Salmerino dei nostri laghetti alpini sono state in passato distrutte a causa della massiccia immissione di trote fario e iridea.

 

SANGUINEROLA
sanguinerola

ORDINE: CIPRINIFORMI
FAMIGLIA: CIPRINIDI
NOMI VOLGARI: salgaròla, pessatèla
NOME SCIENTIFICO: Phoxius phoxinus
COME È FATTA Il piccolo corpo affusolato raggiunge una lunghezza da 8 a 15 cm. Ha una livrea assai variabile: dorsalmente è, di solito, da verde oliva a grigio scuro, mentre lateralmente è più chiara, spesso con riflessi metallici. Agli angoli della bocca ha un colore rosso vivo, mentre il ventre va da rosso scarlatto a verde argenteo. Le pinne hanno tonalità gialle a volte soffuse di porpora.
DIFFUSIONE Ampiamente diffusa nelle acque dell'Europa e dell'Asia; in Italia è presente solo nel settore alpino. In Trentino occupa i laghi delle zone collinari fino all'alta quota, ma si rinviene spesso anche nelle acque correnti.
COME VIVE Vive in gruppi divisi per età nelle acque veloci e limpide della zona dei Temoli, con fondali sabbiosi o ghiaiosi e con ricca vegetazione. Vive, in parte nello stesso habitat della Trota che caccia la Sanguinerola e ne fa uno dei suoi nutrimenti. Durante i mesi invernali si nasconde negli anfratti e nei fondali delle zone più profonde. Pesce timido e prudente, se in pericolo, si rifugia sotto i sassi, nelle buche o fra la vegetazione. Si nutre di alghe, di zooplancton e di invertebrati che trova fra i sassi delle correnti. 
LA RIPRODUZIONE Si riproduce da aprile a giugno sui banchi ghiaiosi o ciottolosi. durante il periodo riproduttivo i maschi e le femmine assumono una colorazione più scura sul dorso e rosso vivo nelle parti ventrali (da cui il nome). i maschi inoltre, in questo periodo, presentano escrescenze rotondeggianti, coniche o spinose (i tubercoli nuziali). La femmina depone sui bassifondi ghiaiosi circa 1000 uova che vengono quindi fecondate e dalle quali nascono, dopo circa una settimana i piccoli.
LA PESCA La Sanguinerola non è oggetto di pesca, ma può essere eventualmente pescata per essere utilizzata come esca. Si usa una lenza senza galleggiante.
LE ESCHE Come esche si usano: vermi, larve di mosca o semi di canapa.
CURIOSITÀ Questo piccolo ciprinide, il cui nome deriva dalla vistosa colorazione assunta dal maschio durante la riproduzione, rappresenta un'importante fonte alimentare per trote e salmerini.

 

SAVETTA
savetta

ORDINE: CIPRINIFORMI
FAMIGLIA: CIPRINIDI
NOMI VOLGARI: savèl, strilòt
NOME SCIETIFICO: Chondrostoma soetta
COME È FATTA La Savetta ha un corpo slanciato, lungo fino a 35 cm, ed è simile alla Lasca, ma più grande. Ha la caratteristica bocca trasversale cartilaginea in posizione infera (chondrostoma in greco significa bocca cartilaginosa).Il dorso è grigio-azzurro; i fianchi sono di colore argenteo con riflessi rosati e il ventre bianco-argenteo.La linea laterale è ben evidente. Labbra, pinna anale e dorsale sono grigio-rosate, le laterali e la ventrale sono rossastre.
COME VIVE In origine presente solo nell'Italia centro-settentrionale (endemismo del distretto padano-veneto), è stata introdotta anche in alcuni corsi d'acqua appenninici. In Trentino è presente in una quindicina di laghi di bassa quota e nell'Adige.È un pesce con abitudini gragarie. Si trova nelle acque lente dei fiumi e dei laghi di pianura, con fondi di sabbia e ghiaia dove, soprattutto i giovani, si spostano in branchi. Le Savette si nutrono di alghe, muschi, larve, insetti, crostacei, vermi e uova di pesci con grave danno per le altre specie.
LA RIPRODUZIONE La riproduzione avviene da aprile a giugno. Durante il periodo del corteggiamento e della riproduzione, i maschi assumono la livrea nuziale. Quindi si spostano in acque correnti a fondo ghiaioso o ciottoloso. La femmina depone sulla vegetazione e sul fondo o lungo le rive centinaia di uova che il maschi feconda in tempi brevissimi. Dopo la fecondazione, la schiusa avviene entro 10-15 giorni. Glia avannotti che nascono portano un grosso sacco vitellino che viene poi riassorbito. Quindi si spostano in zone vicino alla riva, preferibilmente controcorrente.
LA PESCA Le sue carni sono poco pregiate, ma la sua pesca può essere divertente perché si pratica tutto l'anno. Luoghi adatti alla pesca delle Savette sono le rive di un lago o le zone in prossimità di un fiume; in inverno, dove l'acqua è bassa, in primavera-autunno, nelle correnti veloci e profonde.
LE ESCHE Si pratica prima la pasturazione, quindi si può pescare in vari modi:
• Con la lenza sorretta da galleggiante
• Con il metodo della pesca a fondo
• Con esche quali larve di mosche, vermi, semi di canapa, erba acquatica, finte camole, pane etc.
COME POSSIAMO PROTEGGERLA A causa degli sbarramenti realizzati sui fiumi, la Savetta ha subito una drastica riduzione. Essendo specie esclusiva delle acque italiane merita una tutela particolarmente attenta.

 

SCARDOLA
scardola

ORDINE: CIPRINIFORMI
FAMIGLIA: CIPRINIDI
NOMI VOLGARI: scàrdola, sgàrdola, coa rossa
NOME SCIENTIFICO: Scardinius erythrophtalmus
COME È FATTA La Scardola presenta un corpo lungo fino a 30-40 cm. Ha una testa con grandi occhi rossi. Dorso e fianchi hanno una colorazione bruno-verdastra e riflessi argentei. Le pinne e la coda presentano sfumature rossastre, soprattutto durante la fase giovanile.
DIFFUSIONE Particolarmente comune nelle acque interne dell'Asia occidentale e dell'Europa. Presente in tutta Italia ad eccezione della Calabria, della Sicilia e della Sardegna. In Trentino è ben diffusa e comune.
COME VIVE Vive in gruppi numerosi nei corsi d'acqua con correnti deboli, in prossimità dei canneti o della vegetazione. Si ciba per lo più di larve, insetti, germogli, vermi, semi, uova di altre specie.
LA RIPRODUZIONE La riproduzione avviene da aprile a giugno. In questo periodo le pinne si caricano di sfumature dal rosso-arancio al rosso-mattone e i maschi assumono la livrea nuziale. Le uova vengono deposte sui fondali bassi: sono migliaia, raccolte in nastri e variamente impigliare alla vegetazione e si schiudono dopo 10-15 giorni.
LA PESCA La Scardola viene pescata con la lenza munita di galleggiante dalla primavera all'autunno. I luoghi più adatti sono le acque poco profonde.
LE ESCHE Come esche, che la Scardola attacca per lo più a grande velocità, vengono utilizzati: pane, a fiocco o impastato, larva di mosca carnaria e verme di terra.
CURIOSITÀ Gli esemplari giovani presentano le pinne vivamente colorate di rosso tanto che nella nostra regione vengono denominati "coa rossa".

 

SCAZZONE
scazzone

ORDINE: SCORPENIFORMI
FAMIGLIA: COTTIDI
NOMI VOLGARI: marson, cavedon, bòciolo, magneron
NOME SCIENTIFICO: Cottus gobio
COME È FATTO Il suo corpo è lungo fino a 15 cm e presenta una testa molto grande. La livrea è grigia sul dorso con macchie scure e più chiare sul ventre. La pelle è priva di scaglie come quella delle Anguille.
DUFFUSIONE Presente in Europa centro-settentrionale, manca nella Penisola Iberica e in Grecia. In Italia vive nei tributari alpini del Po e sporadicamente nell'Appennino centrale. In Trentino è piuttosto diffuso, ma mai abbondante.
COME VIVE Vive sul fondo dei torrenti, laghi e fiumi, nelle zone frequentate dalle Trote che gli danno la caccia perché è uno dei loro cibi preferiti, nelle zone delle risorgive e comunque fino ai 2.000 metri di altitudine. Di giorno rimane per lo più rintanato, mentre, verso il tramonto, esce dai suoi nascondigli per predare qualunque tipo di animale, dai crostacei agli invertebrati.
LA RIPRODUZIONE Si riproduce da gennaio a marzo. Il maschio scava un nido sotto un sasso e più femmine depongono centinaia di uova nello stesso nido; quindi il maschi le feconda e le accudisce, ventilandole per meglio ossigenarle, per alcune settimane, fino alla schiusa.
LA PESCA Si pesca con canne corte e flessibili.
LE ESCHE Come esca si usano vermi e larve di mosca carnaria.
CURIOSITÀ Lo Scazzone è particolarmente sensibile all'inquinamento e alle alterazioni dei corsi d'acqua. Per questo motivo il su areale è in netta contrazione.

 

SILURO
siluro

ORDINE: SILURIFORMI
FAMIGLIA: SILURIDI
NOME SCIENTIFICO: Silurus glanis
COME È FATTO Ha una testa imponente, larga e depressa, con tre paia di barbigli molto lunghi. La pelle è blu-nera, mentre il ventre è bianco opaco. Presenta una pinna anale lunga e una dorsale corta. Può raggiungere fino a 5 m di lunghezza e 300 kg di peso.
DIFFUSIONE Originariamente presente nell'Europa centro-orientale e in parte dell'Asia, si è acclimatato nell'Italia settentrionale (fiume Po) a partire dagli anni '70. In Trentino è stato segnalato solo nel lago di Garda e nel tratto inferiore dell'Adige.Questa specie è stata introdotta nelle acque italiane da alcuni anni; ha avuto un'incredibile esplosione demografica e si sta lentamente espandendo nelle zone fluviali ad acque relativamente tiepide. Crea evidenti fenomeni di competizione con le specie autoctone. La sua introduzione sembra sia stata fatta senza alcuno studio ecologico ambientale o, per errore, senza valutare l'impatto sugli ecosistemi acquatici locali.
COME VIVE Vive nel fondo delle acque lente e stagnanti. È un predatore notturno; si ciba di tutto, dai pesci alle larve, ai crostacei e persino ai vegetali. Gli esemplari più grossi possono attaccare anche uccelli acquatici e mammiferi.
LA RIPRODUZIONE Si riproduce verso maggio-giugno. Il maschio prepara un nido rudimentale ove conduce la femmina che depone circa 30.000 uova/kg di colore giallo e abbastanza grandi che vengono custodite dal maschio fino alla schiusa. Glia avannotti presentano un grande sacco vitellino, ma iniziano rapidamente a nutrirsi di plancton.
LA PESCA La pesca del Siluro è una pesca che si effettua con attrezzature molto robuste; viene praticata principalmente nelle zone padane e generalmente in fiumi a lenta corrente e con acque temperate.
LE ESCHE La pesca del Siluro si pratica tutto l'anno con esche abbastanza grossolane quali grappoli di vermi, budella di pollo, carne di cavallo frollata.
CURIOSITÀ Questa specie ha provocato gravissimi squilibri nei luoghi dove è stata introdotta. Un esemplare di circa 8 kg è stato catturato nell'Adige nel basso Trentino.

 

TEMOLO
temolo

ORDINE: SALMONIFORMI
FAMIGLIA: TIMALLIDI
NOMI VOLGARI: témol, témel
NOME SCIENTIFICO: Thymallus thymallus
COME È FATTO Il Temolo ha una lunghezza massima che può raggiungere i 60 cm. La sua livrea ha una colorazione veramente spendente, smagliante con diverse colorazioni e sfumature. La colorazione del dorso è grigio-verde e grigio cenere, bianco-grigia sui fianchi con riflessi argentei e sfumature rossastre e verde-azzurre. Sul capo ha delle macchie irregolari; ventralmente la colorazione è bianca le pinne hanno riflessi purpurei.
DIFFUSIONE Presente in quasi tutta l'Europa centrosettentrionale. È indigeno della regione alpina ed è stato artificialmente introdotto in alcuni corsi d'acqua appenninici. In Trentino è abbastanza diffuso e in forte espansione.
COME VIVE Il Temolo è un pesce agile e scattante. Vive libero nella corrente o nascosto tra la vegetazione in prossimità del fondo sabbioso o in branchi assieme ai Barbi, Savette, Cavedani, Trote. Frequenta i corsi d'acqua di media altitudine e non lo troviamo mai nei laghi. Il suo habitat è costituito dalle acque veloci e ossigenate nella cosiddetta zona a Temolo che da lui prende il nome perché è uno dei pesci più caratteristici e frequenti in questa zona. Quando nuota nelle acque a caccia di prede, talvolta ne fuoriesce per catturare insetti volanti, effimere, larve di zanzara o altro.
LA RIPRODUZIONE Durante il periodo riproduttivo, che avviene in genere nel mese di marzo, la pinna dorsale si ricopre di bande violette e giallo-verdi. Allora i Temoli vanno di solito a coppie. Quindi il maschio scava una buchetta nella ghiaia dove la femmina depone 5-6.000 uova che poi ricopre con ghiaia in maniera approssimativa. Dopo due-tre settimane dalla fecondazione nascono i piccoli.
LA PESCA Le carni del temolo sono assai pregiate per cui sono molto ambite dai pescatori. Si pesca nei torrenti di fondovalle o nelle acque dei ghiareti. Il periodo migliore è da settembre a ottobre e le ore quelle del tardo pomeriggio.
LE ESCHE Si pesca con la coda di topo o in passata con la mosca carnaria, il lombrico, le larve o i crostacei.
CURIOSITÀ La forte ripresa numerica del temolo nelle nostre acque è da attribuire all'introduzione di ceppi di origine balcanica che risultano più resistenti all'inquinamento.

 

TINCA
tinca

ORDINE: CIPRINIFORMI
FAMIGLIA: CIPRINIDI
NOMI VOLGARI: ténca
NOME SCIENTIFICO: Tinca Tinca
COME È FATTA La Tinca ha una lunghezza massima di 50 cm. Ha un corpo rivestito di scaglie cicloidi affondate nell'epidermide ricca di ghiandole che la ricoprono di uno strato di muco. La colorazione del dorso è verde oliva o smeraldo scuro e lateralmente ha riflessi dorati. Il ventre è giallastro. La sagoma è massiccia, di forma ovale, col dorso largo e un po’ gibboso e con la testa larga e corta. Si riconosce per i due corti barbigli che porta ai lati della bocca. Presenta pinne dalla colorazione bruno-rossiccia: la pinna dorsale alta e corta, quella caudale larga e leggermente incisa, l'anale ben sviluppata, le ventrali e le pettorali più modeste.
DIFFUSIONE L'areale si estende dall'Europa all'Asia occidentale. In Italia è comune in tutta la penisola e nelle isole maggiori. In Trentino vive nei laghi collinari e di media quota, nell'Adige e nel Noce ma anche in vari fossati di fondovalle.
COME VIVE La Tinca, come la Carpa, vive nelle acque lente e stagnanti dei fiumi di pianura. Animale molto rustico, timido e pacifico, la Tinca predilige il fondo fangoso e melmoso, con poco ossigeno, delle lanche, dei fossi, dei canaletti, dei piccoli laghi e delle paludi. Per quanto viva nelle acque povere di ossigeno non sopporta elevate concentrazioni di sostanze tossiche e quindi teme l'inquinamento. Si nutre di vermi, sanguisughe, lumachine, larve, uova di rana, semi di piante palustri o pezzetti di vegetali. Le Tinche sono pesci che rifuggono la luce intensa, per cui di giorno si nascondono sul fondo per andare a caccia di cibo, grufolando fra la melma nelle ore notturne. Ai primi freddi cadono in una specie di torpore e passano la stagione fredda nel fango per ritornare in attività con i primi tepori.
LA RIPRODUZIONE La Tinca è un pesce molto prolifico. Nel periodo della riproduzione, che va da maggio a luglio, le femmine si portano in acque basse e tranquille, vicino alle sponde, dove la vegetazione è più fitta. La femmina depone centinaia di migliaia di uova piccole e verdastre che rimangono attaccate alla vegetazione acquatica. Quindi i maschi, che seguono la femmina, non appena emesse le uova, le inseminano e se ne vanno. Dopo pochi giorni si schiudono le uova e nascono gli avannotti con il sacco vitellino attaccato che serve come alimento. Successivamente iniziano a nutrirsi di plancton. A poco più di un anno possono arrivare a pesare 60-70 g, mentre la maturità sessuale viene raggiunta a tre anni dai maschi e a quattro dalle femmine.
LA PESCA Per pescare la Tinca è necessario recarsi vicino a una fitta vegetazione subacquea o fra i tappeti di lenticchia d'acqua, vivendo essa vicino al fondo soffice e melmoso. Poiché emette bollicine di gas che salgono a grappoli, è facile rilevarne la presenza. Le bolle della Tinca sono più piccole di quelle della Carpa, che è più grossa e vive negli stessi ambienti, per cui è abbastanza facile riconoscerle. L'importante è avvicinarsi nel più assoluto silenzio, poiché basta un minimo rumore per metterla in fuga. Il periodo migliore per la pesca è in primavera e in settembre. È necessario che il pescatore rimanga in silenzio e con un abbigliamento non vistoso. La pesca deve essere fatta con una lenza ben calibrata e con il galleggiante, dalla riva o dalla barca, o con la lenza da fondo.
LE ESCHE Le esche preferite sono i rossi vermi di fango e quelli più corti di terriccio. La Tinca assaggia e osserva attentamente prima di abboccare, per timore di inganni.
CURIOSITÀ La Tinca, quando non è attiva, ha l'abitudine di infossarsi completamente nel fango del fondo.

 

TROTA FARIO
trota fario

ORDINE: SALMONIFORMI
FAMIGLIA: SALMONIDI
NOMI VOLGARI: fario, truta, truta de mont
NOME SCIENTIFICO: Salmo (trutta) tru
COME È FATTA La Trota fario può arrivare ad una lunghezza di 50 cm. La colorazione dell'epidermide può assumere una tonalità diversa a seconda dell'ambiente. Di solito il dorso è grigio-verdastro, lateralmente è più chiaro, ventralmente è biancastro con sfumature gialle o rosse. La schiena e i fianchi sono punteggiati di rosso, arancione, nero e grigio e possono variare di colore anche a seconda dell'alimentazione. Le pinne pettorali, ventrali e anale sono arancioni, quella dorsale e la pinna adiposa sono grigie e punteggiate di rosso. Il corpo è massiccio con una testa breve e bocca grande.
DIFFUSIONE Originaria probabilmente della catena alpina e dell'Appennino settentrionale è stata introdotta in gran parte delle acque italiane, sia correnti che lacustri. In Trentino è ben diffusa e comune.
COME VIVE Vive nelle acque fresche di montagna che non superino i 18 °C; diversamente potrebbe soffrire. Si può trovare fino ai 2.500 metri. Solitaria e fortemente territoriale, di giorno rimane nascosta all'ombra delle sponde, nelle cavità, nelle fessure delle rocce, con il capo controcorrente, per guizzare pronta, in avanti, soltanto quando le passa accanto un preda. Si nutre di insetti, vermi, girini, pesciolini e non risparmia nemmeno quelli della sua stirpe.
LA RIPRODUZIONE Nel periodo del corteggiamento, che corrisponde ai mesi invernali, le femmine, accompagnate da molti maschi, migrano verso le acque meno profonde, in prossimità dei banchi di ghiaia. Qui, a ridosso delle pietre, la femmina costruisce una buca nella quale depone migliaia di uova e alza un piccolo argine di ghiaia a protezione del suo "letto nuziale". Il maschi feconda le uova che rimangono fluttuanti fra la ghiaia e il pietrisco. Dopo 10-16 settimane avviene la schiusa. I piccoli si distinguono per avere i fianchi ornati di 8-10 bande trasversali.
LA PESCA Le Trote vengono pescate per la bontà delle loro carni che possono essere bianche o rosa a seconda dell'alimentazione. Le carni rosate della cosiddetta Trota salmonata dipendono dal fatto che la Trota, a volte, si ciba di crostacei che contengono carotenoidi, che conferiscono appunto la colorazione aranciata; non si tratta quindi di una specie diversa. La Trota è un pesce diffidente per cui se sente minimamente la presenza di un pescatore fugge immediatamente a rintanarsi. Per pescare la Trota i posti migliori sono quelli dei torrenti più tormentati, ma anche i fiumi o le zone in prossimità delle dighe o delle cascate.
CURIOSITÀ La continua immissione di trote d'allevamento, avvenuta negli ultimi decenni, ha provocato la quasi totale scomparsa dei ceppi indigeni.

 

TROTA IRIDEA
trota iridea

NOME SCIENTIFICO: Oncoryncbus mykiss
COME È FATTA La sua lunghezza massima può arrivare fino a 60 cm. La livrea è dorsalmente di colore grigio-blu, lateralmente più chiara, con scintillii vivaci e una larga banda laterale rosso carminio che riflette tutti i colori dell'arcobaleno, da cui il nome di Trota arcobaleno. Ventralmente è grigio-biancastra.
DOVE VIVE A differenza della Trota fario vive in acque anche meno ossigenate e più tiepide e in bacini chiusi, quali laghetti per la pesca sportiva, dove è facilmente allevabile data la sua adattabilità. Da giovane si nutre di tutto, da adulta preferisce i piccoli pesci.
RIPRODUZIONE Difficilmente nelle nostre acque si riproduce in natura, mentre con sistemi di selezione e fecondazione artificiale è attivamente allevata negli stabilimenti ittici.

 

TROTA LACUSTRE
trota lacustre

ORDINE: SALMONIFORMI
FAMIGLIA: SALMONIDI
NOMI VOLGARI: truta de lac, truta del Garda
NOME SCIENTIFICO: Salmo (trutta) trutta
COME È FATTA Il suo corpo è lungo fino a 60 cm. Ha un aspetto simile alla Trota fario. La livrea è dorsalmente grigio-marrone fino a verdastro, lateralmente è più chiara, ventralmente grigio-bianca e con macchioline nere o marroni. Su tutto il corpo presenta delle macchie nere a forma di stella. La Trota lacustre, come tutti i Salmonidi, possiede la pinna adiposa. Durante il periodo della riproduzione, il maschio può assumere una livrea simile a quella della Trota fario. Ugualmente simili sono anche tutti glia atti riproduttivi.
DIFFUSIONE Vive nella maggior parte dei grandi laghi europei. In Italia è presente nei laghi subalpini e in alcuni laghi peninsulari. Diffusa ma non comune in tutti i grandi laghi naturali e artificiali del Trentino. Negli ultimi anni è in declino e necessita quindi di misure di protezione e ripopolamento.
COME VIVE Vive nei laghi alpini medi e grandi con notevole profondità, in acque ricche di ossigeno. Molto attiva, si sposta dalle acque profonde alla superficie in stretta relazione alla temperatura dell'acqua e all'attività delle sue prede abituali.
LA RIPRODUZIONE Durante i mesi autunnali e invernali le trote di lago risalgono gli immissari cercando i luoghi adatti alla riproduzione. La frega e lo sviluppo delle uova avvengono con modalità analoghe a quelle delle altre trote. I giovani pesci scendono poi al lago dove iniziano al alimentarsi di plancton. Grazie all'elevata disponibilità alimentare l'accrescimento risulta molto rapido.
CURIOSITÀ Non è improbabile che le Trote lacustri del Trentino siano in realtà Trote fario che vivendo in ambiente di lago hanno perduto le caratteristiche macchie rosse e/o nere acquisendo la colorazione argentea.

 

TROTA MARMORATA
trota marmorata

ORDINE: SALMONIFORMES
FAMIGLIA: SALMONIDAE
GENERE: Salmo
SUPERSPECIE: Salmo [trutta]
SEMISPECIE: Salmo [trutta] marmoratus (Cuvier 1817)
NOMI VOLGARI: trota marmorata, trota padana, trota vecchia, trota di fiume, marmorata
NOMI STRANIERI: Marble trout (ingl.)
COME È FATTA Forma corporea tipicamente fusiforme con altezza pari a circa 1/5 della lunghezza. Scaglie cicloidi piccole, in numero di 120 circa lungo la linea laterale. Livrea marmoreggiata sui fianchi, sul dorso e sugli opercoli. Pinna adiposa impari inserita sul peduncolo caudale tra la dorsale e la caudale. Bocca terminale ampia e dotata di denti robusti sulle arcate mascellari, sulla lingua e sulle ossa del palato. E del vomere. Dimensioni massime: 150 cm di lunghezza e 20 kg di peso.
COME VIVE La trota marmorata costituisce un endemismo della regione padano-veneta e della Dalmazia. Vive nei corsi d'acqua con portata media ed elevata, differenziando il proprio habitat rispetto alla trota fario. Ha dieta tipicamente carnivora e si nutre di numerosi organismi del benthos e in particolare di larve di insetti. Cattura anche insetti adulti e, quando raggiunge dimensioni maggiori, pesci e avannotti di altre specie. Ha abitudini solitarie sin dalla nascita.
LA RIPRODUZIONE Nel periodo riproduttivo, compreso tra ottobre e novembre, le Trote marmorate sessualmente mature si aggregano in coppie. È la femmina che, individuato un sito con substrato ciottoloso adatto alla deposizione, lo ripulisce scavando con la coda una piccola depressione. Dopo che vi ha depositato le uova e che il maschio le ha fecondate, essa le ricopre con la ghiaia e i ciottoli precedentemente rimossi. Le grosse uova si schiudono dopo circa 100-130 giorni di incubazione; allora i piccoli avannotti possono nutrirsi del ricco materiale contenuto nel sacco vitellino prima di incominciare ad alimentarsi autonomamente.
LA PESCA Pesce apprezzato per la sua combattività e per la qualità delle sue carni, la Trota marmorata si pesca prevalentemente al tocco, alla passata, con il pesce morto, a spinning, a mosca secca o sommersa.
LE ESCHE Risultano formidabili nella pesca alla "Marmorata" tutte quelle esche vive presenti naturalmente sul fiume e delle quali essa si ciba regolarmente (friganee, larve di perla, lombrichi, cavallette etc.). I pesci -esca più efficaci sono la Sanguinerola, lo Scazzone e l'Alborella, sia vivi che morti. tra le esche artificiali sono validi minnows e cucchiaini rotanti e ondulanti nello spinning, imitazioni sia secche che sommerse e streamers nella pesca a mosca.
COME POSSIAMO PROTEGGERLA Da un punto di vista naturalistico, alieutico e gestionale, la Trota marmorata è il più importante endemismo dell'ittiofauna italiana. Ciononostante la sua sopravvivenza è stata ripetutamente messa a repentaglio a causa della manomissione e polluzione dei maggiori corsi d'acqua del Settentrione e delle semine massicce e sconsiderate di Trota fario. Eliminare queste gravi fonti di pericolo per la sua esistenza è il primo passo per proteggerla. Anche le aree di frega e gli avannotti vanno salvaguardati evitando di entrare in acqua nel periodo ottobre-aprile. La riproduzione artificiale in appositi incubatori può essere un valido sostegno alle popolazioni naturali.
CURIOSITÀ La Trota marmorata in natura si ibrida frequentemente con la Trota fario dalla quale la distinguono anche importanti caratteristiche biologiche ed ecologiche. Ad accrescere enormemente il fenomeno è stata negli ultimi cento anni l'opera dell'uomo che, ignorando gli equilibri naturali dei corsi d'acqua, ha immesso nel suo habitat elettivo grandi quantità di Trote fario in ogni stadio di sviluppo, minando in breve tempo il risultato di molti millenni di evoluzione e di adattamento biologico.

 

TROTA SALMONATA
trota salmonata 1

Quando la carne della Trota ha una colorazione rosea o arancione si definisce "salmonata". Il fenomeno della pigmentazione della carne deriva da una particolare alimentazione a base di crostacei che i Salmonidi catturano spesso nelle acque fresche ed ossigenate del loro habitat. L'esoscheletro di questi invertebrati, infatti, contiene una notevole quantità di carotenoidi che, una volta assimilati dal pesce, ne colorano i tessuti muscolari. Poiché la dieta a base di crostacei influisce positivamente sulle qualità organolettiche dei Salmonidi, la pigmentazione rosata delle loro carni è considerata sinonimo di elevata qualità nel campo dell'alimentazione umana. Perciò molti troticoltori di pochi scrupoli, nutrendo le trote per pochi giorni con mangimi a base di astaxantina (un carotenoide) rendono "salmonate" le loro carni senza che la loro qualità migliori in modo percettibile.

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Tecnica & attrezzature

In questo articolo parliamo di :

AMI - ANCORETTA - CAMPANELLO - CORDINO DI ACCIAIO - ESCHE ARTIFICIALI - ESCHE NATURALI - FIONDA - FORBICI - GALLEGGIANTI - GIRELLE - GUADINO - CANNA BOLOGNESE - CANNA DA CARP-FISHING - CANNA DA MOSCA - CANNA FISSA - CANNA INGLESE - LA NASSA - LA PASSATA - LA ROUBASIENNE -. LENZA - LO SPINNING - MONOFILO - MORSETTO - MOSCHETTONI - PESCA A FONDO - PESCA AFONDO DELLA CARPA - PESCA CON LA CAVALLETTA - PESCA A MOSCA NEI TORRENTI - PESCA A MOSCA SECCA - PESCA A MOSCA SOMMERSA - PESCA AL COLPO - PESCA AL LUCCIO CON VIVO - PESCA AL TOCCO - PESCA ALL'INGLESE - PESCA CON IL VIVO AL BLACK BASS - PESCA ALLA CAMOLERA - PESCA ALLA TROTA ALLA PASSATA - PESCA IN MOVIMENTO - PESCA NOTTURNA ALL'ANGUILLA - PESCA SEDENTARIA - RODOLON  -SLAMATORE - SONDA - STIVALI - TEMOLINO TIRLINDANA


 

AMI
L'amo ha principalmente la funzione di sostenere l'esca e di agganciare la preda alla lenza. È costituito da un gambo, da una curvatura e dalla punta. Spesso quest'ultima è dotata di ardiglione per trattenere più efficacemente il pesce durante la cattura, mentre il gambo termina in una piccola paletta o in un occhiello che permettono di annodare l'amo alla lenza. Esistono più tipi di ami diversi per robustezza, colorazione, andamento della curvatura, diametro e forma della sezione trasversale, dimensione dell'ardiglione etc. La grandezza dell'amo è definita da un numero inversamente proporzionale all'apertura, che è la distanza che intercorre tra punta e gambo. Sul mercato sono disponibili ami dal n°1 (il più grande) al n°26 (il più piccolo), mentre l'utilizzo di modelli di dimensioni maggiori trova impiego solo raramente e per lo più nella pesca in mare. 

ANCORETTA
Tra gli ami multipli, dotati cioè di più punte, l'ancoretta è la più utilizzata grazie alla sua utilità nella pesca alla Tinca ed alla Carpa, con gli impasti di polenta nella costruzione di montature per il pesce vivo e morto e in molte altre tecniche alieutiche. Viene adoperata anche nella costruzione di moltissime esche artificiali per lo spinning come cucchiaini ondulanti e rotanti, minnows, imitazioni in gomma etc. 
Come per gli ami semplici anche delle ancorette vanno scelti, a seconda del tipo di pesca che si pratica, le dimensioni, la robustezza e il colore. L'aggancio del monofilo può essere realizzato con un semplice nodo per occhiello o con un'asola.

CAMPANELLO
Per avvertire l'abbocco del pesce sulla lenza da fondo nella pesca notturna o quando non si controllano in continuazione i movimenti del cimino, si può armare la canna con un apposito campanello di segnalazione. Questo viene fissato al vettino tramite una molletta e, essendo sostenuto da un pezzo di gomma flessibile o da una molla metallica, emette un segnale acustico ogniqualvolta lo strattone impresso dal pesce alla lenza si ripercuote sulla canna. In questo caso, non appena si sente lo scampanellio, ci si deve portare in vicinanza della canna aprendo l'archetto del mulinello e togliendo il campanello dal cimino. A questo punto si può seguire direttamente l'evoluzione dell'abbocco, ferrando energicamente nel momento più opportuno.

CORDINO DI ACCIAIO
Il cordino d'acciaio si utilizza per costruire finali di lenza per la pesca di pesci con dentatura robusta e potenzialmente capaci di recidere il monofilo di nylon. Si tratta di un intreccio di sottile filo d'acciaio, talvolta brunito o verniciato con colori mimetici, spesso indispensabile nella pesca con il vivo o nello spinning al Luccio. Per costruire i finali si adopera generalmente uno spezzone di cordino lungo 20-40 cm al quale va applicata una girella di dimensioni adeguate per il collegamento con la lenza madre. All'altro capo viene annodato un amo ad occhiello se il finale serve per le esche naturali, oppure un moschettone per attaccare le esche artificiali per lo spinning.

LE ESCHE ARTIFICIALI
Si definiscono artificiali tutte le esche costruite con materiali sintetici o meno e che non fanno parte della dieta naturale dei pesci. Si possono dividere concettualmente in due grossi gruppi: 
1. Le imitazioni fedeli di alimenti di cui i pesci si cibano normalmente 
2. Le esche di fantasia, la cui efficacia deriva da stimoli che, sebbene analoghi, sono diversi da quello alimentare. 
Nel primo settore si possono inserire tutte le mosche artificiali imitanti insetti reali, i pesci finti, le rane di gomma e le esche-copia in genere. 
Nel secondo va una grossa parte degli artificiali per lo spinning oltre alle mosche di fantasia, gli streamers, i bugs e altri. 
IL CUCCHIAINO ROTANTE: Il cucchiaino rotante tra le esche artificiali per lo spinning è la più conosciuta e utilizzata. È costituito da un asse alle cui estremità si trovano un occhiello per l'attacco alla lenza e un'ancoretta o un amo dalla parte opposta. Su questo asse sono inseriti, a partire dall'occhiello, la paletta rotante, spesso connessa attraverso un passante, e un piombo di forma e peso variabili che precede immediatamente l'ancoretta. Sullo schema base sono nate moltissime varianti con l'aggiunta di particolari come fiocchi variopinti, colorazioni e decorazioni, una seconda paletta (rotanti tandem) ecc. Il principio adescante del cucchiaino rotante sta nella paletta che, in fase di trazione, ruota intorno all'asse determinando uno stimolo visivo e vibratorio simile a quello provocato da una preda in fuga. Perciò si tratta di un'esca utile nella pesca dei predatori. Nelle acque italiane risulta efficace, talvolta micidiale, per la Trota, il Salmerino, il Luccio, il Pesce persico, la Lucioperca, il Persico trota e il Cavedano.
GLI STREAMERS: Gli streamers sono artificiali costruiti per la pesca con coda di topo ai pesci predatori. Imitano approssimativamente e in modo generico piccoli pesci ma più spesso sono vere e proprie esche di fantasia. Si costruiscono con materiali naturali o artificiali e generalmente lavorano sommersi. Talvolta danno risultati eccezionali nella pesca a mosca sommersa nei mesi primaverili, consentendo la cattura di grosse Trote di torrente o di fiume. Nello spinning si può far uso di modelli più grossi e pesanti, al limite leggermente piombati, che possono risultare saltuariamente molto catturanti per Persici, Trote, Persici trota e Cavedani. 
I VERMONI DI PLASTICA: Il loro nome inganna il pescatore poiché gli fa supporre che siano imitazioni fedeli dei grossi lombrichi di terra. Invece i vermoni di plastica sono esche di fantasia costruite in gomma o plastica, armate di uno o più ami infilati nel corpo e attaccati ad un supporto flessibile interno. Il loro movimento sinuoso e ondeggiante spesso riesce a scatenare l'istinto aggressivo del Luccio o del Back bass, talvolta, anche grazie allo sfarfallio di una piccola elica presente anteriormente, vicino all'anellino di aggancio dell'esca. Lavorando al di sotto della superficie dell'acqua, il vermone va recuperato in modo discontinuo, cosicché a fasi di affondamento passivo seguano fasi di recupero veloce in risalita. 
LE MOSCHE DI FANTASIA: Molto spesso, come per altri artificiali, le imitazioni di fantasia possono risultare efficaci quanto o più di quelle eseguite sulla base dell'osservazione di insetti reali. Il meccanismo che spinge un pesce ad attaccare un'esca di fantasia non è ben chiaro, ma si può supporre che alla base di questa reazione vi siano due diverse motivazioni. La mosca artificiale può, infatti, rappresentare un insetto generico (e per questo risultare efficace) oppure "un super insetto" che stimola l'istinto predatorio del pesce. Pertanto non bisogna stupirsi se mosche che non hanno nulla di reale risultano eccezionali - in particolare per il Black bass - mentre imitazioni perfette vengono ignorate. Tra le mosche sommerse di fantasia sono particolari per forma e dimensioni gli streamers artificiali di grandi dimensioni adatti per la pesca alla trota e le variopinte mosche da Salmone utilizzate anche per insidiare il Boccalone. 
I DEVONS: Costruiti con materiali rigidi quali resina, metallo o legno, i devons sono esche artificiali di fantasia, costituite da un corpo approssimativamente cilindrico e cavo, attraversato da un asse metallico centrale delimitato anteriormente dall'anello di attacco e posteriormente da un'ancoretta. Due diverticoli laterali simili alle palette di una piccola elica conferiscono all'esca, che lavora sempre in profondità, un movimento rotatorio molto rapido.I devons, la cui lunghezza è generalmente compresa tra i 3 e i 10 cm, sono utili soprattutto nello spinning alla Trota, al Persico, al Cavedano e, secondariamente a tutti gli altri predatori. Il loro recupero deve essere lineare e continuo anche nelle acque veloci e turbolente nelle quali, anche grazie al loro peso, tengono molto bene la corrente. 
MINNOWS: I minnows sono esche artificiali che imitano in modo più o meno fedele pesci vivi che nuotano presso la superficie (m. galleggianti) o in profondità (m. affondanti). I materiali più utilizzati per la loro costruzione sono la balsa e la plastica per i modelli galleggianti con l'aggiunta di piombatura interna per quelli affondanti. Sia negli uni che negli altri è presente una paletta in materiale plastico o metallico che imprime al minnow durante il recupero movimenti ondulatori e una precisa traiettoria. I vari modelli, a seconda della dimensione e della profondità d'azione, sono utili per insidiare Trote, Lucci, Black bass, Persici, Cavedani e altri pesci predatori. La loro efficacia è spesso subordinata all'abilità del pescatore nelle fasi di lancio e di recupero.

LE ESCHE NATURALI
Si definiscono naturali tutte quelle categorie di esche costituite da animali e vegetali o da loro derivati che rientrano naturalmente nella dieta alimentare dei pesci. Sebbene la distinzione dalle esche artificiali non sia poi così netta, esiste un vasto gruppo di inneschi chiaramente attribuibile alla categoria naturale: dalle larve di insetti ai lombrichi, dagli insetti adulti ai pesci vivi o morti, dal granturco alla frutta, dagli impasti agli sfarinati vari e via dicendo. Per lo più sono esche di cui i pesci si cibano in modo continuo o stagionale, solo raramente in maniera occasionale. Solamente in certi casi, dunque, si rende necessaria la pasturazione, la cui funzione deve sempre rimanere nei limiti del richiamo della preda senza mai produrne un'assuefazione, pena la perdita di qualsiasi criterio di sportività del nobile hobby della pesca dilettantistica.
LA CAMOLA DEL MIELE La camola del miele è la larva di una farfalla notturna (ordine Lepidotteri) appartenete alla specie Galleria melonella. In natura vive parassitando le api negli alveari e nutrendosi della cera e del miele che esse producono. Grazie alla sua facilità di allevamento è reperibile tutto l'anno in un gran numero di negozi di articoli per la pesca e viene utilizzata comunemente per insidiare molte specie ittiche. Può essere allevata senza difficoltà anche dal pescatore. Questi dovrà servirsi di contenitori coperti con garza finissima, preparando per l'alimentazione delle larve un substrato nutritivo a base di crusca, glicerina, miele, lievito e latte in polvere e mantenendo la temperatura costante intorno ai 25 C°. Come esca la camola del miele risulta molto efficace soprattutto per la pesca alla Trota in acque correnti e stagnanti. 
LE TARME DELLA FARINA Le tarme o camole della farina sono larve di Coleotteri della famiglia dei Tenebrionidi. Sono di forma cilindrica, lunghe 2-3 cm, di colore marrone chiaro e, nonostante siano dotate di scarsa mobilità, sono molto gradite ad un gran numero di pesci. Si rinvengono nei depositi di farina o di grano dove gli adulti si nutrono e depongono le uova. Le larve che ne derivano si nutrono anch'esse di cereali e dei loro derivati e possono essere conservate molto facilmente in una scatola ben secca con un pezzo di pane o un po’ di crusca. Come esche si rivelano particolarmente adatte alla pesca alla Trota in acque correnti grazie alla loro consistenza tenace che permette di calzarle su ami di grosse dimensioni (n°5-7). Tuttavia sono molto valide anche nella pesca, sia alla passata, sia a fondo, sia in superficie, di vari altri pesci. In tal caso possono essere anche innescate su ami di dimensioni inferiori (n°8-16) sia singolarmente che a grappolo.
PORTASASSI E PORTALEGNA Tra le larve di Tricotteri presenti nelle acque correnti italiane molte si costruiscono un involucro cementando con una sorta di secrezione sericea frustoli vegetali, pezzetti di legno, pietruzze e altro e perciò sono conosciute come portalegna e portasassi. Quelle di maggiori dimensioni, appartenenti alla famiglia dei Limnefilidi, sono ottime esche per la Trota, per il Barbo e per il Cavedano. Una volta private dell'involucro vanno innescate su ami n°12-16, infilzandole con molta delicatezza per l'estremità caudale. Le specie di minori dimensioni che si rinvengono, talvolta abbondantissime, sul fondo di fiumi e torrenti sono molto efficaci per la pesca di piccoli pesci come Sanguinerola, Barbi canini, Vaironi, Scardole ed Alborelle.
IL PANE Il pane, esca tradizionale dei pescatori francesi, si usa soprattutto nella pesca del Cavedano e dei Ciprinidi in genere. Pescando in profondità con lenza sorretta da galleggiante è utile scegliere del pane fresco, morbido e ricco di mollica tale, insomma, che se ne possano staccare comodamente dei fiocchi da innescare con una semplice pressione delle dita intorno al gambo di un amo n°12-16. Pescando a galla Cavedani o Cefali, invece, si usa innescare un grosso pezzo di pane stantio su un grappolo di piccoli ami n°14-18. Un pane speciale (tipo francese) viene venduto in apposite confezioni e, una volta inumidito, può essere utilizzato per l'innesco. 
IL MAIS Un'ottima esca estiva per la cattura di Carpe, Tinche, Cavedani e Ciprinidi in genere è costituita dai chicchi di mais che si possono raccogliere nei campi di granturco qualche tempo prima della maturazione. In questa fase i chicchi sono teneri e di sapore dolciastro: si innescano singolarmente su ami a gambo corto n°10-12 oppure a corona su ami più grossi soprattutto per la Carpa. In commercio esistono anche chicchi di mais dolce in scatola, facilmente preparabili anche in casa, ancora più teneri di quelli freschi. La pesca con il granoturco, soprattutto se è rivolta a pesci abitudinari come la Carpa, richiede una pasturazione preventiva di una zona ristretta nella quale si suppone la presenza delle prede. 
LE CAVALLETTE Le cavallette sono insetti appartenenti all'ordine degli Ortotteri che, nutrendosi di sostanze vegetali, si rinvengono frequentemente nei prati, durante il periodo estivo. Nei mesi che vanno da luglio a settembre esse costituiscono una pastura naturale molto apprezzata ed utilizzata dai pesci che se ne cibano con una certa regolarità. Infatti, in questo periodo è facile osservare Trote, Cavedani e pesci di molte altre specie salire in superficie per ghermire l'ambita preda. Dunque si tratta di esche da usare preferibilmente a galla e soprattutto nella pesca a battere. Vanno innescate infilzandole con ami dal n°10 al 16 oppure legandole con un breve spezzone di nylon sottilissimo al gambo di un amo n°8-10 per non comprometterne la vitalità. 
IL GATOSS Comunemente conosciuto con il nome gatoss, la larva di Tipula maxima vive in un gran numero di ambienti umidi e acquatici, preferendo i piccoli ruscelli e le rogge che prendono origine dalle risorgive e che scorrono su fondo ghiaioso o tra le foglie morte della lettiera dei boschi cedui. In questi ambienti gli adulti, volgarmente noti come "zanzaroni", si riproducono e dalle uova deposte si sviluppano larve che rimangono infossate nei sedimenti. Qui si possono raccogliere, talvolta in gran numero, asportando lo strato più superficiale di ghiaia o smuovendo le foglie morte. I gatoss sono lunghi da 1 a 4 cm, hanno colore bruno-grigio e si muovono molto lentamente. Sono ottime esche per Trote, Barbi e Cavedani che se ne nutrono abitualmente quando le piogge li trascinano nei fiumi e nei torrenti. Sono molto utilizzati anche nella pesca con galleggiante al Cavedano sui laghi. In ogni caso vanno innescati su ami di media misura (n° 12-16) infilzandoli superficialmente nell'estremità posteriore in modo da consentire maggiore mobilità e durata. 
L'UVA Anche l'uva può essere utilizzata come esca di stagione per il Cavedano di lago. Infatti gli esemplari più grossi sembrano prediligere questa frutta nei mesi tardo-estivi e nel primo autunno. Per l'innesco vanno scelti i tipi d'uva più dolce, curando di selezionare i chicchi più maturi e consistenti. Questi vanno infilzati singolarmente su ami a gambo corto n°5-7 in modo che fuoriesca soltanto la paletta dell'amo o tutt'al più la punta. Può essere utile prima di iniziare la pesca, effettuare una leggera pasturazione di richiamo. Inutile dire che i punti più propizi per la pesca con l'uva sono quelli in cui delle viti coltivate sulle sponde del lago determinano l'abitudine dei pesci a nutrirsi dei loro frutti. 
LE BACCHE DI SAMBUCO Contrariamente ad altri frutti adatti alla pesca del Cavedano, le bacche di sambuco sono utili per l'alimentazione umana solo sotto forma di conserve e decotti, ma costituiscono un'importante fonte di cibo per i Ciprinidi, laddove questi arbusti, cresciuti sulle sponde di un fiume o di un lago, fanno cadere dai propri rami, tra luglio e agosto, i frutti ormai maturi. Le piccole bacche con le quali si può pasturare leggermente per richiamare l'attenzione dei Cavedani, vanno infilate in numero variabile da 1 a 5 su ami proporzionati (n°10-16) evitando di schiacciarle e di farne uscire il contenuto. 
LE CILIEGIE E LE AMARENE Le ciliegie e le amarene sono conosciute da molti pescatori come esche specifiche per il Cavedano. Infatti, sebbene possano attrarre saltuariamente anche qualche altro Ciprinide, si utilizzano soprattutto nella pesca con galleggiante dei grossi Cavedani di lago o di fiume, che spesso se ne cibano naturalmente durante il periodo estivo. Sia per l'innesco che per un'eventuale pasturazione vanno scelte le più mature e dolci che, disossate oppure integre, si infilzano con un grosso amo a gambo corto n°6-8, avvolgendole, se necessario, con una spira del finale. È possibile utilizzare anche al di fuori dei mesi di maturazione, amarene sciroppate, purché la loro consistenza sia tale da permettere l'innesco. 
LE SANGUISUGHE Nelle acque sia correnti sia ferme tra i componenti principali del benthos animale ci sono diverse specie di Irudinei, volgarmente note come Sanguisughe. Dalle più grandi appartenenti al genere Hirudo, a quelle di minori dimensioni (Dina, Erpobdella etc.) sono tutte ottime esche per molti pesci d'acqua dolce. Come tutte le altre esche naturali risultano particolarmente adescanti nei periodi e negli ambienti in cui sono abitualmente predate dall'ittiofauna. Di fatto, si rinvengono tra i sassi e nel detrito di fondo soprattutto nei corsi d'acqua a portata media ed elevata. Si innescano per l'estremità cefalica su ami n° 8-14 in modo tale che la parte caudale rimanga libera, stimolando con i suoi movimenti sinuosi l'attacco della preda. Le Sanguisughe di fiume e di torrente sono particolarmente efficaci per la Trota, il Barbo, il Cavedano, tutti pesci che se ne cibano frequentemente soprattutto quando le piene primaverili le trascinano a valle dai loro rifugi sotto i ciottoli. 

FIONDA
Sebbene la pasturazione assuma spesso significato deleterio di togliere ad intere schiere di pesci ogni diffidenza nei confronti dell'esca, talvolta essa è utile per richiamare la preda nella zona di pesca e per abituarla ad una determinata categoria di esche. Quando queste sono particolarmente leggere o quando la distanza per raggiungere la zona d'azione della montatura è molto alta si rende necessario l'uso di apposite fionde per lanciare nel punto desiderato la pastura. Esse sono costruite in modo tale che l'elastico connesso ai due bracci converga in una sorta di piccolo recipiente adatto a contenere impasti, larve di insetti ed ogni altro tipo di pastura solida. 

FORBICI
Esistono diversi tipi di forbici da pesca, alcuni specifici per certi usi, altri polifunzionali adatti a fissare o aprire piombini spaccati, a recidere monofili di nylon e cordini d'acciaio, a slamare pesci etc.
Particolarmente curate sono le forbicine per la costruzione delle mosche artificiali, visto che spesso il dressing implica un lavoro minuzioso e particolarmente preciso. Molte forbici a funzioni multiple sono dotate anche di uno spillo appuntito utile per aprire anellini di galleggianti od occhielli di amo occlusi dalla vernice e per sciogliere i nodi formatisi sulla lenza. Accessori generalmente annessi alle forbici sono gli apriscatole e gli apribottiglie.  

GALLEGGIANTI
Il galleggiante ha, per definizione, due funzioni essenziali: sostenere la lenza terminale in modo tale che l'esca si trovi ad una determinata profondità e segnalare l'abbocco della preda. I galleggianti utilizzati nella pesca dilettantistica hanno forma e grammature molto varie, dovute la prima alla necessità di adattare la montatura a situazioni molto differenti di corrente e profondità, la seconda all'estrema varietà delle esigenze di lancio e di resistenza all'affondamento.In generale, le forme affusolate sono le più instabili e meno resistenti all'affondamento, quelle a pera tengono bene la corrente pur senza creare troppa resistenza alla sommersione, quelle sferiche, infine, sono molto stabili ma oppongono una forte resistenza all'affondamento. In funzione della profondità a cui deve lavorare l'esca i galleggianti saranno fissi (profondità minore della lunghezza della canna) o scorrevoli (profondità maggiore della lunghezza della canna). 
GALLEGGIANTI PIOMBATI: 
In molti casi è necessario disporre di galleggianti pesanti per poter lanciare a distanze elevate pur utilizzando montature leggere e poco piombate. Allora bisogna ricorrere ai galleggianti piombati, i quali avendo una grammatura generalmente alta, incorporano gran parte della zavorra al proprio interno o alla propria base. Talvolta per poter raggiungere un maggior rapporto peso/volume, si adoperano materiali ad alto peso specifico come il legno di palissandro. Inoltre in certe situazioni - ad esempio pescando in acque a corrente veloce e a profondità scarsa - si rende necessaria una piombatura temporanea del galleggiante che può essere realizzata avvolgendo del filo di piombo sulla deriva o sul corpo del galleggiante stesso fino al limite richiesto.
GALLEGGIANTE FISSO: I galleggianti fissi, particolarmente usati nella classica pesca italiana alla passata, sono dotati di uno o più fermi che consentono il loro bloccaggio sulla lenza nella posizione desiderata, in esatta corrispondenza della profondità di pesca. Nella maggior parte dei modelli nel corpo del galleggiante, appena al di sotto dell'astina, è inserito un piccolo anellino guidafilo, mentre il fermo, costituito da un cilindretto cavo di plastica, è inserito nella deriva. Questi anellini di plastica sono facilmente ottenibili, nelle diverse misure, dalle guaine dei cavetti elettrici. In altri modelli, soprattutto a forma di pera, il monofilo viene fatto passare in un foro all'interno del galleggiante e fissato tramite un'astina ad incastro.
GALLEGGIANTE ALL'INGLESE: I galleggianti per la pesca all'inglese, sia fissi sia scorrevoli, sono noti come waggler ed hanno la caratteristica fondamentale di mantenere la lenza sommersa. I più leggeri (insert), di forma cilindrica molto allungata, sono molto sensibili ma servono solo per la pesca a breve distanza. I più pesanti (bodied), al contrario, permettono di raggiungere grandi distanze grazie ad un corpo in balsa che ne aumenta notevolmente la grammatura e nel quale viene inserito il lungo segnalatore in penna di pavone. Questo, sia nei primi che nei secondi, è destinato ad emergere sempre ben visibile dall'acqua con la funzione di segnalare al pescatore i movimenti del galleggiante anche da distanze cospicue. I waggler scorrevoli sono quasi sempre piombati e permettono di proiettare molto lontano montature rese leggere e sensibili dal raggruppamento di gran parte della zavorra sul corpo del galleggiante e dalla forma molto affusolata di quest'ultimo che ne riduce moltissimo la resistenza all'affondamento. 
GALLEGGIANTE SCORREVOLE: I galleggianti scorrevoli sono dotati di uno o più anellini passafilo o da un tubicino interno entro i quali la lenza possa scorrere liberamente trascinata dalla zavorra. Questa caratteristica permette di utilizzarli in tutti quei casi in cui si pesca a profondità superiori alla lunghezza della canna da lancio di cui si fa uso. Affinché il galleggiante si fermi all'altezza desiderata è necessario porre sulla lenza un fermo, costituito, a seconda del modello utilizzato e della tecnica adottata, da un piccolo pallino di piombo o da un nodo in filo di lana, di nylon o di refe, eventualmente accompagnato da una perlina scorrevole se l'anello passafilo del galleggiante è troppo largo. Il nodo va fatto in modo tale che, pur rimanendo ben saldo nella sua posizione durante l'azione di pesca, possa anche essere trasferito lungo la lenza qualora si voglia cambiare la profondità

GIRELLE
Per evitare l'attorcigliamento del finale, soprattutto nel punto di raccordo con la lenza madre, si usano spesso le girelle. Queste sono piccoli congegni di metallo costituiti da due piccoli occhielli collegati tra loro da un cilindretto centrale che ne consente la libera rotazione intorno al proprio asse. Grazie alla girella, dunque, si evita l'usura del monofilo dovuta alla torsione del finale soprattutto laddove si usino esche che, come il pesce morto o il cucchiaino, tendano a ruotare su se stesse. In commercio si trovano anche modelli a tre braccia che sono particolarmente utili per la confezione di montature a bandiera o a due braccioli finali. Anche i moschettoni ed alcune esche artificiali normalmente vengono venduti già dotati di girella.

GUADINO
Il momento in cui un grosso pesce, dopo essere stato allamato e portato in vicinanza della riva, deve essere salpato è il più delicato di tutta la cattura. Perciò, onde evitare di perdere la preda in extremis, si usa il gaudino, un retino molto robusto ad apertura circolare o triangolare, dotato di manico più o meno lungo e adatto ad intrappolare il pesce quando è ancora in acqua.Modelli diversi vengono costruiti per far fronte alle svariate esigenze di capienza e robustezza richieste in funzione delle prede, dei sistemi di pesca e delle caratteristiche del luogo in cui si praticano. Ad esempio esistono guadini con manico molto lungo e leggero, anche telescopico, per la pesca in zone con rive scoscese o inaccessibili, mentre per la pesca in torrente si fa uso di modelli piccoli e ripiegabili, con il manico ridotto alle dimensioni dell'impugnatura. 

I PALLINI DI PIOMBO SPACCATI
Tra i piombini utilizzati per zavorrare le montature i pallini spaccati di forma sferica cono certamente i più diffusi. Ne esistono di vario diametro e peso e vengono applicati alla lenza grazie ad un'apposita spaccatura da chiudere tramite una semplice pressione attorno al monofilo. Servono per piombature leggere, per lo più di montature con galleggiante oppure come fermi per bloccare grossi piombi, galleggianti scorrevoli etc. I pallini di produzione italiana, piuttosto duri pur se fatti di piombo dolce, sono numerati da 0 a 11 in funzione del diametro e del peso. Quelli di produzione anglosassone, particolarmente adatti per zavorrare le montature per la pesca all'inglese, sono di piombo più tenero e corrispondono a pesi che sono l'uno il multiplo dell'altro.

IL RODOLON
"Rodolon" è un termine dialettale per indicare l'azione di una montatura specifica per la pesca della Trota al tocco ideata e sviluppatasi sui torrenti maggiori e sui fiumi della provincia di Belluno. Si tratta di una montatura leggera, ideata per pescare sui fondali ghiaiosi e ciottolosi con corrente relativamente uniforme (raschi, ghiareti, lame d'acqua veloce). Va costruita su nylon di diametro di 0,16-0,20 mm infilandovi una o più spiraline di filo di piombo per un peso complessivo compreso tra 1 e 5 g. Le piccole zavorre devono essere lasciate libere di scorrere fino alla girella di collegamento tra la lenza madre ed il finale. Quest'ultimo dovrà essere di diametro pari a 0,14-0,16 mm e lungo circa mezzo metro e dovrà portare un amo terminale di numero variabile dall'8 al 16 in funzione dell'esca utilizzata. È consigliabile scegliere una canna di poco peso e di lunghezza intorno ai 5-6 m per poter giostrare al meglio la montature con trattenute e rilasci. In tal modo il piombo, rotolando sul proprio asse e seguendo l'andamento del fondale favorisce una corretta presentazione dell'esca al pesce.

LA CANNA BOLOGNESE
La scuola classica della pesca all'italiana nacque e si sviluppò soprattutto sui grandi fiumi di pianura del Settentrione dove, sin dagli anni trenta, si incominciarono ad usare canne concepite e realizzate da abili artigiani dell'Emilia e note perciò come Bolognesi. 
Ideate per la pesca alla passata nelle lente correnti del Po, queste canne coniche montate con anelli e dotate di mulinello sono andate incontro ad un grandissimo successo, diventando l'attrezzo tipico del pescatore italiano. L'evoluzione tecnologica e l'utilizzo di nuovi materiali come la fibra di vetro e il carbonio hanno consentito alle case costruttrici di produrre canne bolognesi per moltissimi tipi di pesca in acque ferme e correnti. Infatti le caratteristiche della "bolognese" tipica sono molto variabili: lunghezza dai 3 ai 7 m, azione tendenzialmente di punta, elasticità e flessibilità variabilissime, composizione in pezzi telescopici (al contrario delle canne inglesi ad innesti). 
IL MULINELLO A BOBINA FISSA Sebbene esistano anche mulinelli a bobina rotante utilizzati in certe tecniche alieutiche particolari e limitate, la grande maggioranza di quelli adottati nella pesca dilettantistica in genere sono a bobina fissa. In questi modelli, infatti, durante il recupero la lenza viene riavvolta per la rotazione non del tamburo, che al contrario è fisso, bensì dell'archetto. Gli ingranaggi interni, costituiti da un perno su cui è infilata la bobina e da una serie di rotelle dentate, collegano il movimento della manovella con quello dell'archetto. Cuscinetti a sfere disposti nei punti principali di questi ingranaggi ne ammortizzano gli attriti. La frizione consente di sfasare la rotazione della manovella e il recupero della lenza in presenza di una forza di trazione applicata alla lenza. 
LA FRIZIONE DEL MULINELLO Nei mulinelli a tamburo fisso, così come in quelli a tamburo rotante, esiste un dispositivo specifico - la frizione - che, opportunamente tarato, impedisce che la forza applicata alla lenza ed esercitata dalla preda, superando il carico di rottura del monofilo, ne provochi la rottura. Ciò è reso possibile dallo svolgimento selettivo della lenza dal mulinello e quindi dalla rotazione della bobina o del tamburo, soltanto in quelle fasi in cui la trazione esercitata dal pesce supera la taratura della frizione. Questa può agire a livello della bobina e allora viene regolata da una rotella posta sopra a quest'ultima, oppure a livello degli ingranaggi e in questo caso si tara grazie ad una rotellina presente nella parte posteriore del mulinello. 

LA CANNA DA CARP-FISHING
È realizzata in carbonio alto modulo con accoppiamento di fibre ad alta resistenza. Sul mercato oggi sono presenti modelli realizzati in 2-3 pezzi e versioni telescopiche, queste ultime realizzate per un facile trasporto in quanto le versioni in 2 pezzi sono un po’ scomode a causa della lunghezza di ogni singolo pezzo. La lunghezza di queste canne varia dai 3.60 ai 4.00 metri. Le canne sono montate con anelli in silicio, con porta mulinello a vite e con impugnature in neoprene o in sughero. Le versioni più rigide sono dotate di 6-7 anelli, mentre quelle paraboliche vengono montate con 8-9 anelli. Per il Carp-Fishing vengono usate più frequentemente le seguenti azioni: 3 libbre, per la pesca alle lunghe distanze (oltre 100 metri), 2.5 libbre, per le medie distanze (fino a 70 metri) e 2 libbre al di sotto dei 70 metri.

LA CANNA DA MOSCA
Le canne tipiche per la pesca a mosca sono sottili, leggere, lunghe da 5 a 10 piedi (1,52- 3,05 m) e dotate di una comoda impugnatura in sughero alla base della quale è inserito l'attacco per il mulinello. Tradizionalmente venivano costruite, fino a qualche decennio fa, in bambù esagonale impregnato, ma ai materiali naturali si sono sostituiti dapprima il colonon e, più recentemente le fibre di carbonio. Ogni moderna canna da mosca, in funzione della lunghezza, della potenza e dell'azione, porta una lenza (coda di topo) di un numero ben definito, caratterizzata cioè da un determinato peso standard. Leggerezza ed elasticità sono parametri fondamentali che hanno costituito e costituiscono tutt'oggi l'oggetto principale della ricerca tecnologica dei costruttori
IL MULINELLO DA MOSCA Nella pesca a mosca si usa un mulinello a tamburo rotante la cui funzione è semplicemente quella di contenere la coda di topo. L'asse di rotazione è perpendicolare alla direzione della canna e la fuoriuscita della lenza è indirizzata da un dispositivo guidafilo. Poiché la coda di topo va manovrata sempre con le mani sia in fase di lancio, sia in fase di recupero, il mulinello non deve avere particolari caratteristiche se non quella di essere il più leggero possibile. Perciò viene prodotto perlopiù in metallo leggero e con la bobina dotata di una serie di fori laterali che contribuiscono a diminuire il peso. La scelta del mulinello è strettamente connessa con la sua capienza e va fatta in funzione del numero di coda che si intende utilizzare.
LA CODA DI TOPO Nella pesca a mosca tradizionale la lenza madre è costituita da un monofilo pesante, a diametro variabile e costruito in materiale plastico. Il termine coda di topo con cui viene comunemente definito deriva dal fatto che l'andamento dello spessore della lenza, che ha una forma approssimativamente conica, è analogo a quello della coda di un sorcio. Esistono lenze galleggianti (sigla "F") impregnate di piccole bollicine d'aria e usate soprattutto per la pesca a mosca secca e lenze affondanti (sigla "S") per la pesca a mosca sommersa. Inoltre la loro forma può essere a fuso semplice ("ST"), a doppio fuso ("DT") oppure decentrata ("WT") a seconda che l'assottigliamento sia in un verso unico, in due versi ed eguale, in due versi e decentrato. Il loro peso e il diametro sono caratteristici e vanno valutati attentamente in funzione della canna utilizzata. Tali parametri vengono espressi dalle case costruttrici in un numero che indica il peso standard della coda che, quindi, è sempre accompagnata da una sigla che ne definisce il profilo (ST, DT o WT) il peso (da 4 a 7) e la galleggiabilità (F o S).  

LA CANNA FISSA
Si dice fissa la canna priva di anelli e mulinello, inadatta a proiettare l'esca a distanza. La lenza viene attaccata al cimino annodando il monofilo ad un elemento di connessione costituito generalmente da un anellino metallico. La canna fissa è un attrezzo molto antico che veniva usato già in epoca preistorica e che è stato perfezionato nel tempo grazie all'utilizzo di materiali costruttivi sempre più efficienti: dalle primitive canne in legno si è passati a quelle in bambù poi a quelle in alluminio e in fibra di vetro per arrivare ai giorni nostri, con un'evoluzione tecnologica davvero formidabile, alle canne leggere, elastiche e resistenti in fibra di carbonio. In commercio oggi ne esistono di lunghezza variabile da 1 a 13 m, dotate di caratteristiche di flessibilità, leggerezza, elasticità, potenza ed azione alquanto variabile.

LA CANNA INGLESE
Il nome stesso ne chiarisce le sue origini. È un attrezzo nato per pescare in continua presenza di vento, condizione frequentissima in Gran Bretagna. La sua caratteristica principale è di essere realizzata in 3 pezzi, ad innesti di diametro estremamente ridotto, di essere molto maneggevole e di lunghezza che può variare dai 12 piedi (3.60 m) ai 16 piedi (4.80), misura quest'ultima prettamente italiana. Altra peculiarità della canna inglese è la notevole quantità di passanti (per una 4.20 m ne vengono montati dai 15 ai 17) i quali, distribuiti in modo crescente verso la cima, non consentono al filo di formare fastidiose pance tra un anello e l'altro sotto l'azione del vento, come spesso accade nelle canne di tipo bolognese.

LA NASSA
Attrezzo di rete, a tubo, che serve principalmente per mantenere vivo il pesce. Nelle competizioni è obbligatoria con misure regolamentari e anelli atti a tenerla bene aperta affinché il pesce raggiunga subito il fondo, per essere poi successivamente pesato e rimesso immediatamente in acqua senza aver subito danni.

LA PASSATA
La pesca alla passata si può svolgere ovunque una corrente, generalmente moderata, trasporti da monte verso valle ciò che per i pesci costituisce fonte di nutrimento. Per praticarla si utilizzano normalmente canne bolognesi armate di mulinello, lenze sostenute da galleggiante ed esche molto varie, costituite prevalentemente da larve di insetti (bigattini, gatoss, verdine, friganee etc.). Durante l'azione di pesca la lenza viene fatta scendere da monte a valle sfruttando la corrente, mentre, di tanto in tanto, la canna viene alzata in moda da provocare una trattenuta che induce un movimento dell'esca radente il fondo alquanto stimolante per il pesce. L'affondo del galleggiante segnale l'abboccata della preda che nella maggior parte dei casi sarà costituita da Ciprinidi (Barbi, Cavedani, Savette, Lasche, Pighi etc.) o da Salmonidi (Trote).

LA ROUBAISIENNE
Questa tecnica che deve il suo nome alla città di Roubaix dove è nata, richiede l'uso di una canna fissa molto particolare, detta appunto "roubaisienne", lunga circa 11m, costituita da pezzi ad innnesto e molto rigida. Un elastico ammortizzatore conferisce la necessaria elasticità alla lenza la cui lunghezza, sempre minore di quella della canna, dipende essenzialmente dalla profondità del fondale su cui si pesca. La distanza tra il galleggiante ed il vettino è costante e pari ad un paio di metri, questo consente una notevole padronanza della lenza che lavora sempre a perpendicolo sotto la punta della canna. Durante il recupero del pesce dalla "roubaisienne" viene smontato il calcio in modo che la sua lunghezza si riduca a quella della lenza e il pesce possa essere guadinato. 

LENZA
La lenza è l'insieme del monofilo e della montatura utilizzati nella pesca dilettantistica in acque dolci quale mezzo per presentare l'esca ai pesci. La parte principale, detta lenza madre, è costituita semplicemente dal filo libero o avvolto nel mulinello, mentre la parte montata con finali, piombi, ami, galleggianti o altro viene definita lenza terminale e rappresenta il segmento più direttamente interessato alla corretta presentazione dell'esca. Le lenze si diversificano in funzioni delle tecniche di pesca per le quali sono costruite ed il parametro di maggior importanza è la loro pesantezza, ossia l'insieme delle loro caratteristiche di resistenza, peso e spessore della lenza madre e della lenza terminale.

LO SPINNING
"Spinning" è un termine inglese che definisce esattamente la pesca al lancio con esche artificiali. Si tratta di un sistema in cui l'esca artificiale va lanciata e fatta lavorare durante il recupero, che rappresenta la fase adescante dell'azione di pesca. Lo spinning si divide convenzionalmente in pesante, semi-pesante, semi-leggero, leggero e ultra-leggero in funzione del peso delle esche utilizzate, della robustezza dell'attrezzatura (canna, mulinello e lenza) e della mole dei pesci insidiati. I moltissimi modi di lancio e recupero dipendano dal gran numero di esche esistenti, costruite in maniera più o meno specifica per i vari pesci e distinguibili schematicamente in imitazioni (minnows ed esche-copia) ed esche di fantasia (cucchiaini rotanti ed ondulanti, plughi, poppers, bugs, esche di gomma, devons e altre.) 
LA CANNA DA SPINNING Le canne da spinning al giorno d'oggi vengono costruite quasi esclusivamente in materiale composto da fibre di carbonio e resine termoindurenti. La loro lunghezza varia tra 1,5 e 3 m, ma i modelli più comunemente utilizzati sono quelli tra 2 e 2,5 m. parametri essenziali per la pesca al lancio sono l'azione, la potenza e la rapidità. La prima può essere "di punta", "di pancia", oppure "parabolica": la grande maggioranza degli attrezzi utilizzati nello spinning hanno azione parabolica progressiva o, più raramente di punta. La potenza esprime l'intervallo dei pesi lanciabili che è proporzionale allo sforzo cui la canna può essere sottoposta in fase di lancio. La rapidità, infine, definisce la velocità impiegata dal cimino per tornare alla posizione di partenza dopo un'oscillazione. Canne più scattanti hanno generalmente anche una maggior precisione di lancio.
LO SPINNING AL LUCCIO Per pescare il Luccio al lancio, sia nei laghi, sia nei fiumi lenti di pianura, si usano esche artificiali molto grosse, adatte a stimolare l'attacco del vorace predatore. Viste le dimensioni raggiunte dall'Esocide è importante usare un'attrezzatura resistente: canna rigida sui 2-2,5 m di lunghezza e di potenza pari a 20-50 g, mulinello capiente, robusto e con buona frizione, monofilo di 0,25-0,35 mm, terminale con cordino d'acciaio. L'esca costituita da un minnow sui 10-15 cm o da un cucchiaino ondulante o rotante da 10-30 g, deve essere lanciata e recuperata in prossimità delle zone di caccia del Luccio, vale a dire vicino agli ostacoli o alla vegetazione sommersa. Durante la cattura è necessario fare attenzione agli improvvisi scatti dell'Esocide, cedendo filo ove necessario. È consigliabile l'uso del guadino o del raffio per salpare il pesce. 
LO SPINNING AL PERSICO TROTA La pesca al lancio con esche artificiali del Persico trota è certamente una delle più spettacolari ed emozionanti tecniche di pesca in acque dolci. Ritenuta da molti lo sport nazionale statunitense richiede una notevole adattabilità del pescatore al comportamento bizzarro e imprevedibile del Black bass. Nel Bass fishing più classico si usano solo esche di superficie e un'attrezzatura adeguata al peso degli artificiali utilizzati, soprattutto per quanto riguarda il diametro del monofilo: piccoli poppers, minnows galleggianti, bugs ed altre esche leggere possono essere lanciate e fatte lavorare solo con nylon di diametro massimo di 0,25 mm. Esche più pesanti come grossi plughi, spinner-baits ed esche di gomma piombate possono conciliarsi con l'uso di monofili di diametro fina a 0,35 mm. Il Persico trota va ricercato in acque basse, ricche di vegetazione galleggiante e sommersa. Dopo l'abbocco, spesso molto violento, la sua formidabile difesa si evolve con puntate in profondità e salti fuor d'acqua che vanno parati a canna bassa.
LO SPINNING DI SUPERFICIE Molti predatori delle acque ferme o correnti spesso si aggirano a caccia delle loro prede in prossimità della superficie, talvolta rimanendovi in agguato, altrimenti salendovi da nascondigli in profondità. Tali abitudini che sono proprie in particolare del Black bass, ma anche del Luccio della Trota, del Salmerino e del Cavedano., ci permette di insidiarli con una tecnica di pesca al lancio che implica l'uso di esche artificiali di superficie. Tra queste le più usate sono i minnows galleggianti, i poppers, i bugs e le esche di fantasia. Quasi tutte hanno un peso molto basso e perciò è necessario utilizzare un'attrezzatura leggera: canna potenza sui 5-20 g, monofilo di 0,18-0,24 mm, mulinello scattante e con una buona frizione. Questa tecnica richiede una vera e propria ricerca del predatore nelle sue più tipiche zone di caccia. 
LO SPINNING PESANTE ALLA TROTA Generalmente insidiando le trote a spinning si usano esche leggere o medio-leggere, quali cucchiaini rotanti e minnows di dimensioni ridotte. Nei corsi d'acqua di dimensioni maggiori, tuttavia, è possibile indurre i Salmonidi all'attacco con esche di peso e di dimensioni molto maggiori, siano esse cucchiaini rotanti, ondulanti o minnows. Allora l'attrezzatura dovrà essere più pesante poiché, oltre a dover lasciare e recuperare pesi maggiori (dai 10 ai 20 g), dovrà rispondere adeguatamente alla cattura dei grossi esemplari. Gli artificiali di maggior peso, infatti, tenendo meglio la corrente, permettono di sondare anche posizioni ed anfratti altrimenti irraggiungibili, provocando l'attacco di qualche grossa Trota marmorata o fario. La tecnica può essere efficace anche per la Trota lacustre sui laghi maggiori.  

MONOFILO
Il monofilo di nylon è uno tra i materiali più importanti per il pescatore dilettante, indispensabile in quasi tutte le tecniche alieutiche come componente essenziale della lenza. Prima che negli anni '50 e '60 il boom industriale e tecnologico coinvolgessero la pesca sportiva, per costruire lenza e montature si usavano materiali molto più grossolani come il filo di seta ed il crine di cavallo. Oggi sul mercato è disponibile una vasta gamma di prodotti, più o meno morbidi, di diametro variabile da 0,05 a 1 mm, con varie colorazioni e proprietà di affondamento, tenuta al nodo, resistenza all'abrasione e allo schiacciamento. Le più recenti novità nel campo della tecnologia dei monofili da pesca riguardano i trattamenti per rendere affondanti i fili di nylon per la pesca all'inglese e l'utilizzo di nuovi materiali (ad esempio il te-phlon) per aumentare la resistenza.

MORSETTO
Il morsetto serve essenzialmente per reggere e mantenere ben fermo l'amo durante tutte le fasi di costruzione delle esche artificiali per la pesca a mosca. È costruito in modo tale da permettere la massima libertà di movimento intorno all'amo, che può essere fissato tra le due ganasce, grazie alla presenza di diversi bracci articolabili che consentono di variare in ogni direzione la posizione. Il morsetto vero e proprio, dunque, è montato su una serie di bracci articolati il primo dei quali è innestato in un pesante piedistallo o in una morsa per il fissaggio al pianale di lavoro. 

MOSCHETTONI
I moschettoni da pesca vengono utilizzati soprattutto nello spinning per attaccare l'esca artificiale alla lenza senza dover rifare il nodo ad ogni sostituzione e per evitare l'attorcigliamento del monofilo. Infatti, sono sempre dotati di una girella che consente di annodarli al fil di nylon con un semplice nodo a barile e permette la libera rotazione dell'esca sul proprio asse. Questo si rende necessario soprattutto qualora si faccia uso di esche rotanti come cucchiaini, devons e simili. Si adoperano anche nella pesca alla Trota con il pesce morto, nella quale all'inconveniente della torsione si aggiunge la necessità di sostituire frequentemente l'esca trapassandola con il terminale.

PESCA A FONDO
La pesca a fondo è una delle più semplici tecniche alieutiche con esche naturali. Prevede l'uso di canne e mulinelli per lo più robusti sebbene le attrezzature e le esche utili siano molte in virtù della varietà dei pesci catturabili. Permette di insidiare soprattutto le specie più tipicamente di fondo (Anguilla, Tinca, Carpa..) nei laghi e nei fiumi lenti del piano, ma anche pesci che stazionano in zone a corrente media o veloce (Storione, Trota etc.) tramite l'uso di lenze più o meno piombate, prive di galleggiante e armate di uno o più ami o ancorette. Quando l'esca viene attaccata l'abbocco è segnalato dal movimento del monofilo e del cimino della canna. Il momento migliore per la ferrata sarà quello in cui la lenza, muovendosi in modo continuo in una direzione, indicherà che la preda, avendo ingoiato l'esca, si sta allontanando.

PESCA A FONDO DELLA CARPA
Il sistema più tradizionale per pescare la Carpa è la pesca a fondo con la polenta. Di solito si pratica utilizzando duo o tre canne (dove è consentito) disposte a raggiera e pasturando preventivamente una zona piuttosto ristretta nella quale si suppone la presenza di grossi Ciprinidi. La montatura può cambiare molto a seconda che si peschi in un grosso canale di pianura, in un fiume a decorso lento oppure al largo delle rive di un lago. Nel primo caso può essere costituita semplicemente dalla lenza madre di 0,30-0,35 mm di diametro collegata tramite una girella con due braccioli di 0,25 mm recanti le ancorette n°8-10 da innescare con la polenta: grazie al suo peso l'esca fungerà anche da zavorra. In presenza di una certa corrente o dovendo lanciare al largo, invece, sopra alla girella va posto un piombo ad oliva da 15-20 g. la lenza non va tesa eccessivamente per non insospettire il pesce in fase di abbocco.

PESCA A GALLA CON LA CAVALLETTA
Nei mesi estivi, quando molti pesci cacciano insetti sulla superficie dell'acqua, si può pescare con una montatura molto semplice innescando la cavalletta. Insidiando la Trota o il Cavedano in acque correnti la lenza può essere libera oppure sorretta da un piccolo galleggiante piombato mentre la lenza terminale sarà priva di qualsiasi zavorra. Il finale va costruito con monofilo sottile (0,10-0,12 mm) al quale va annodato un solo amo n°10-12 in posizione terminale. Pescando in acque ferme invece, si possono insidiare anche altri pesci quali Black bass, Persici e grosse Scardole. In questi ambienti, così pure sui fiumi maggiori, bisogna ricorrere spesso a galleggianti più pesanti come il buldo e il velettone comasco.

PESCA A MOSCA NEI TORRENTI MONTANI
Nei piccoli corsi d'acqua di media montagna la pratica della pesca a mosca è resa difficoltosa dall'angustia dei luoghi e dalle difficoltà di lancio. Tuttavia quasi mai in questi ambienti è necessario effettuare lanci superiori ai 10-15 m e l'aggressività delle Trote, unita al movimento conferito all'esca dalla corrente (che è sempre piuttosto vivace), può dare ottimi risultati. Le piccole piane, i raschi e i rigiri di corrente sono i punti migliori dove posare la mosca. Nell'azione di pesca è di importanza fondamentale procedere a risalire, celandosi alla vista dei pesci. Visto che succede raramente di osservare bollate si pesca quasi sempre alla cieca ed è utile, di tanto in tanto, produrre brevi dragaggi dell'artificiale. Le esche migliori sono imitazioni di Plecotteri, Efemerotteri e Tricotteri adulti - tutti assai frequenti in questi ambienti- quali la Olive Dun, la March Brown, la Red Spinner, la Sedge etc. 
I terrestrial possono dare ottimi risultati soprattutto con acque un po’ alte, in primavera e in autunno. 

PESCA A MOSCA SECCA
La pesca classica a mosca secca si pratica soprattutto per insidiare Trote, Temoli e Cavedani, tutti pesci che si nutrono con una certa regolarità di insetti presenti sul pelo dell'acqua. Le loro imitazioni artificiali, dette appunto "mosche", costituiscono l'esca che, per essere proiettata a distanza, richiede l'uso di una "lenza pesante" (coda di topo) e una conoscenza adeguata delle tecniche di lancio. Alla coda viene annodato un terminale costituito da spezzoni di nylon di diametro decrescente cui va attaccata l'esca. L'azione di pesca può essere svolta lanciando alla cieca o sulla bollata a seconda delle condizioni e della frequenza con cui i pesci salgono a ghermire gli insetti. Di importanza fondamentale è la scelta della mosca che deve imitare, per quanto possibile, gli insetti presenti sull'acqua in quel momento. La ferrata deve seguire in maniera molto rapida l'abboccata del pesce.

PESCA A MOSCA SOMMERSA
La pesca a mosca sommersa si pratica con un'attrezzatura del tutto analoga a quella per la mosca secca con la differenza che le esche, imitando ninfe o insetti in fase di schiusa, lavorano sempre al di sotto del pelo dell'acqua. In generale, perciò, anche la coda di topo dovrà essere affondante. I mesi migliori per la "sommersa" sono quelli primaverili e autunnali, quando il livello delle acque è costantemente alto e le bollate sono piuttosto infrequenti. La mosca sommersa, che deve essere lanciata di preferenza diagonalmente alla corrente, va fatta lavorare assecondandone la discesa con la corrente e operando, di tanto in tanto, brevi recuperi verso monte. L'abboccata è segnalata da una decisa trazione della lenza che provoca quasi sempre l'autoferraggio del pesce.

PESCA AL COLPO
La pesca al colpo è, molto genericamente, quella che si pratica con esche naturali ricercando il pesce nei suoi abituali luoghi di alimentazione o richiamandolo in zone circoscritte tramite pasturazione. Questa definizione che appare piuttosto vaga, include dunque gran parte delle tecniche alieutiche in acque dolci, dalla pesca al tocco, alla passata, alla pesca con canna fissa; sistemi, quindi, sia sedentari che itineranti. Il termine colpo, anch'esso molto generico, sta ad indicare il luogo in cui il pesce viene attratto ed ingannato con l'esca naturale.

PESCA AL LUCCIO CON IL PESCE VIVO
Il Luccio, nutrendosi quasi esclusivamente di pesci vivi, viene insidiato quasi esclusivamente con queste esche. Sebbene i modi di proporgliele siano molteplici, quello più utilizzato nelle acque italiane prevede l'uso di una robusta canna sui 3,5-5 m con mulinello caricato di monofilo di 0,25-0,35 mm. La lenza terminale di solito è molto pesante visto che deve sostenere pesci-esca piuttosto grossi e dato che il Luccio raramente abbandona l'esca nonostante la resistenza del grosso galleggiante da 15-30 g. 
È essenziale l'utilizzo di un finale in cordino d'acciaio che impedisca alle affilate mascelle dell'Esocide di reciderlo. La ferrata deve essere inferta nel momento in cui il galleggiante, dopo una serie di movimenti irregolari, prende decisamente una certa direzione o affonda senza riemergere. 

PESCA AL TOCCO
La tecnica più semplice per insidiare la Trota nei piccoli e medi torrenti e nei fiumi a corrente veloce è da sempre la pesca al tocco. Per svolgerla in modo ottimale è bene usare una canna rigida ma sensibile di lunghezza variabile dai 3 m per i corsi d'acqua più piccoli ai 5 m per quelli maggiori. L'esca viene presentata alla preda tramite una lenza costruita con monofilo di Ø 0,16-0,24 mm, un amo terminale di misura variabile a seconda dell'esca utilizzata e una zavorra - anch'essa variabile in funzione della velocità e della turbolenza delle acque - costituita da un paio di olivette da montagna o da un'oliva scorrevole fermata da un pallino di piombo. L'esca va calata e mossa nei rigiri di corrente, dietro i massi e nelle buche più profonde. L'abboccata è segnalata da strattoni vigorosi sulla lenza e sul cimino della canna.

PESCA ALL'INGLESE
In Inghilterra, dove spesso il vento e la vastità degli specchi lacustri rendono difficile la pesca in acque ferme, è stata ideata una tecnica alieutica che permette di lanciare molto lontano montature leggere sorrette da galleggiante, evitando durante l'azione di pesca i fastidiosi effetti del vento. Tali risultati si ottengono utilizzando canne ad innesti relativamente corte (3,5-4 m) armate con numerosi anelli passafilo e costruendo le montature con particolari galleggianti. Questi ultimi hanno una grammatura media e sono dotati di un lungo segnalatore che emerge, molto visibile, dall'acqua mentre la parte inferiore rimane sommersa insieme al monofilo che in tal modo non viene spostato dal vento sulla superficie del lago. Immediatamente dopo il lancio il vettino della canna deve essere immerso in acqua e la lenza recuperata per alcuni metri così da far affondare tutto il monofilo che dovrà essere abbastanza sottile (0,14-0,18 mm) da favorire lanci lunghi. Quando il pesce abbocca, perciò, la ferrata sarà più "lunga" del solito.

PESCA CON IL VIVO DEL BLACK BASS
La pesca a vista del Persico trota con il pesce vivo implica la ricerca continua del predatore nelle sue possibili postazioni di caccia. È un sistema molto emozionante perché permette di individuare la preda e seguire tutte le fasi di attacco. L'attrezzatura consiste in una robusta canna sui 3-4 m di lunghezza con mulinello caricato con filo di 0,25-0,30 mm. La montatura deve lavorare a galla o poco sotto la superficie e perciò è sorretta da un galleggiante piombato o tipo buldo. La parte terminale, dotata o meno di spezzone finale e lunga circa 80 cm, non va piombata. L'amo (n°1-3) va infilzato nel dorso del pesce esca (Scardola, Triotto, Persico sole..). 
La montatura può anche essere priva di galleggiante, cioè costituita semplicemente dalla lenza madre e dall'amo. 

PESCA CON LA CAMOLERA
La camolera è una montatura di fondo, costituita da un piombo finale (il temolino) e da alcune camole artificiali montate su brevi braccioli annodati a loro volta alla lenza madre. Si utilizza sui torrenti di fondovalle e nei fiumi su fondali ghiaiosi e ciottolosi per catturare Temoli, Trote, Barbi, Cavedani e altri Ciprinidi. L'attrezzatura necessaria consiste in una canna piuttosto rigida ma molto sensibile di lunghezza compresa tra i 3,5 e i 4 m, armata di un robusto mulinello contenete monofilo di 0,15-0,30 mm. La montatura va preparata legando in posizione terminale un temolino di peso sufficiente "per tenere la corrente", a 60-70 cm da questo la prima camola e poi, in sequenza, le rimanenti a 30-40 cm di distanza l'una dall'altra. Nell'azione di pesca la lenza deve assumere un assetto curvilineo in maniera che le imitazioni si presentino ai pesci rasentando il fondo come esche naturali portate verso valle dalla corrente.

PESCA DELLA TROTA ALLA PASSATA
Nei grossi torrenti di fondovalle con pendenza poco elevata e frequenti pozze alternate a raschi e rapide, risulta efficace almeno quanto la pesca al tocco, la passata con lenza leggera sorretta da galleggiante. Si pesca soprattutto dove la corrente è meno veloce, facendo uso di una canna bolognese, preferibilmente in carbonio, di lunghezza sui 5-6 m. Il mulinello, che deve possedere un'ottima frizione, può essere anche di piccole dimensioni e va riempito con monofilo di 0,14-0,18 mm. La montatura si prepara con un piccolo galleggiante fisso a forma di goccia da 1,5-3 g, distribuendo la piombatura a scalare dall'alto verso il basso in presenza di corrente molto moderata e dal basso verso l'alto (inversa) in acque veloci. Il finale (0,08-0,14 mm), lungo 50-80 cm, può essere legato alla lenza madre tramite una girella e deve portare, oltre all'amo terminale, solo uno o due pallini spaccati di poco peso. Le dimensioni dell'amo (dal n°10 al n°18) vanno valutate in base all'esca utilizzata (lombrico, Sanguinerole vive, gatoss, componenti della fauna bentonica etc.)

PESCA DI MOVIMENTO
Contrariamente alle tecniche sedentarie, la pesca di movimento implica una ricerca attiva della preda nei suoi luoghi abitudinali di alimentazione o di rifugio. Il pescatore perciò si deve muovere, sondando con l'esca le zone potenzialmente occupate dai pesci e riconoscibili solo in base ad un'esperienza consolidata e alla conoscenza delle loro abitudini. Tipiche tecniche di movimento sono quelle con esche artificiali e lo spinning in modo particolare. Tuttavia anche la pesca al tocco o certi tipi di pesca con il vivo richiedono un'attenta ricerca, talvolta visiva, della potenziale preda. 

PESCA NOTTURNA DELL'ANGUILLA
L'Anguilla è un pesce di abitudini tipicamente notturne: rimane nella sua tana durante il giorno per uscire e nutrirsi di notte. Perciò nella stagione estiva la si può pescare con buoni risultati dal calare del sole fino all'alba, sia nei laghi che nei fiumi, utilizzando come esche le sue prede preferite (il lombrico e il pesce morto o vivo). 
In sostanza si tratta di una pesca a fondo specifica, con canne molto robuste e monofili di buon diametro (0,30-0,40 mm). Il piombo che trattiene sul fondo l'esca dovrà essere scorrevole, del tipo ad oliva, e sarà fermato a 40-50 cm dall'amo da un pallino di piombo. In questo modo si permette all'Anguilla di girovagare, come fa spesso, con l'esca in bocca senza sentire alcuna resistenza della lenza. L'abbocco viene segnalato dagli strattoni sul cimino che, a causa dell'oscurità sarà bene di fornire di campanello. Particolare attenzione va posta nel recupero della preda in zone con ostacoli sommersi ai quali l'esca tende ad avvicinarsi senza lasciare la presa. 

PESCA SEDENTARIA
Le tecniche di pesca vengono divise schematicamente in sedentarie e di movimento. La pesca sedentaria implica la permanenza del pescatore in un sito ben preciso nel quale la preda presumibilmente staziona e si alimenta. Gli attrezzi (canne, guadino, cestino, cassetta etc.) vengono predisposti in modo tale che durante l'azione di pesca, che è essenzialmente di attesa, essi siano immediatamente disponibili. Una pratica strettamente legata alla pesca stanziale sia in acque ferme sia in acque correnti è la pasturazione, che serve a richiamare nella zona prescelta le potenziali prede. Tipiche tecniche sedentarie, che spesso permettono l'uso di più canne, sono la pesca a fondo, la passata, la pesca con galleggiante in acque ferme.

SLAMATORE
Lo slamatore è un utensile a forma di bastoncino dotato a una delle estremità di un'incisione appositamente creata per farvi passare la lenza. Quando un pesce viene catturato con l'amo infilzato all'interno del cavo orale, lo slamatore permette di estrarlo rapidamente senza ulteriore danno per la preda. Dopo aver inserito il filo nell'apposita fessura, si deve infilare l'utensile nella bocca del pesce, spingendo l'amo verso l'interno finché la punta non sia fuoriuscita; a questo punto lo slamatore può essere estratto senza che l'amo rischi di infilzarsi nuovamente. In mancanza di questo utile accessorio è facile costruirne uno di fortuna altrettanto funzionale con un semplice bastoncino di legno di diametro commisurato alle dimensioni della bocca del pesce. 

SONDA
La sonda è un piombo piuttosto particolare che si usa nella pesca stanziale con lenza sorretta da galleggiante per stabilire l'esatta profondità del fondale su cui si pesca. Nelle fasi preliminari, infatti, la si applica all'amo, creando in tal modo un surplus di zavorra che provoca l'affondamento del galleggiante finché la distanza tra quest'ultimo e la sonda non eguaglia quella tra la superficie e il fondale. A questo punto, individuata la corretta posizione del galleggiante perché l'amo lavori rasente al fondo, si inizia l'azione di pesca vera e propria sostituendo l'esca alla sonda. Sebbene in commercio ne esistano diversi modelli studiati per ottenere la massima funzionalità, semplici sonde possono essere costruite legando una cordicella attorno ad una piccola pietra o ad un normale piombo sferico.

STIVALI
Gli stivali sono essenziali in tutti quei tipi di pesca in cui per raggiungere le postazioni migliori o semplicemente per guadare un torrente è necessario scendere in acqua. Vengono prodotti con materiali diversi (gomma, plastica etc.) in modelli di diversa lunghezza: al ginocchio, alla coscia, alla vita e ascellari. Le caratteristiche più importanti di un buon paio di stivali sono resistenza, leggerezza e durata. A causa delle particolari esigenze di molti pescatori, alcune case costruttrici propongono particolari soluzioni tecniche come le fodere interne per l'isolamento termico o le suole chiodate antiscivolo.

TEMOLINO
Il temolino è una zavorra che viene applicata in posizione terminale soprattutto alle lenze multiple di fondo e alla camolera. È costituito da un piombo inserito ad incastro in un tubicino di gomma lungo 10-20 cm, largo circa mezzo cm e dotato all'estremità superiore di un anellino per annodarlo al monofilo. La sua funzione è quella di mantenere l'esca in prossimità del fondo lasciandola trasportare dalla corrente, imprimendole movimenti smorzati ed evitando gli incagli negli ostacoli del fondale.

TIRLINDANA
Sui grandi laghi del Nord-Italia si pratica per tradizione una sorta di pesca a traina con esche artificiali nota come tirlindana, molto efficace per la cattura dei predatori grossi e piccoli: Luccio, Trota, Pesce persico, Cavedano etc. 
Durante l'azione di pesca che si effettua da una barca a remi o a motore, la lenza, armata con una o più esche artificiali, (cucchiaini ondulanti, minnows, cucchiaini rotanti) viene srotolata da un supporto a mano o da un apposito grosso mulinello ("molagna") fissato alla barca. La lunghezza della lenza calata in acqua, il peso dell'artificiale e la velocità della barca determinano la profondità di lavoro dell'esca che deve sempre seguire una linea ideale in superficie, a mezz'acqua o vicino al fondale, dove è più probabile che la preda stia in agguato. Poiché al momento dell'abbocco la lenza subisce uno strappo molto forte il suo diametro dev'essere almeno di 0,30 mm. 

Aquile 2002
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